L’ITALIA E’ MORTA
Questi anni avrebbero potuto confermare o ribaltare il risultato. Come disse Aristotele qualche anno fa “ogni popolo ha i governanti che si merita” e Joseph de Maistre aggiunse “e anche l’opposizione”.
Purtroppo l’Italia si è confermata un paese socialmente morto; quando muore la memoria di un paese, muore la politica.
La memoria politica italiana dura quanto un suo governo. Ci ricordiamo quello che è successo ieri e poi dimentichiamo senza cogliere le ipocrisie e le contraddizioni degli attori in gioco.
Ignoriamo la complessità, viaggiamo per luoghi comuni. Ci piace il populismo perché parla alla pancia, ”in generale si fa solo alle donne in gravidanza” (#Mery per sempre, Ernia).
Studiando il fenomeno politico odierno osserviamo che questa volontà di comprendere il complesso con slogan ha portato il dibattito pubblico su livelli effimeri. Ascoltando gli interventi in parlamento possiamo cogliere la necessità di ogni parte sociale di puntare il dito. Di trovare il capro espiatorio per ogni fallimento politico. Questo perchè è più facile. In Italia ci è sempre piaciuto giocare al chicken game: quel gioco in cui si promette, si fanno bonus a debito, si fa felice una fetta di elettorato per poi trovarsi all’angolo e dare la colpa al governo tecnico di turno che con delle magie avrebbe dovuto sistemare le finanze dello stato in un battibaleno.
Oggi la vittima è il nostro Mario Draghi mentre Ieri erano Ciampi, Dini e Monti e domani sarà Pinco Pallino. Non importa chi, importa sapere come arriveremo a votare una classe politica che ci spingerà ancora di più sulla soglia del baratro convincendoci con le classiche promesse elettorali. Una classe politica che ha il solo scopo di vedersi il consenso aumentare. Perché se si facesse politica per il bene del paese non sarebbe rilevante una rielezione. Sarebbe rilevante circondarsi di tecnici ed esperti di ogni settore per legiferare su temi strutturalmente essenziali e con vedute di lungo periodo, lasciando per un attimo da parte l’ideologia e la riforma portabandiera del partito. Sarebbe importante creare un beneficio sociale all’intero paese e non solo alla propria categoria di elettori. Per questo l’Italia è socialmente morta.
Ci dimentichiamo inoltre che l’Italia è storicamente debole: a livello sociale siamo indietro rispetto alle più moderne democrazie, a livello economico siamo un debito per l’Europa. Eppure dentro di noi abbiamo quella punta di orgoglio nazionale che ci spinge a credere che l’Italia debba ritrovare la grandezza che naturalmente le spetta in Europa e nel mondo. Quello sfarzo e quella forza dell’impero romano da cui discendiamo. Ricorda un po’ il fascismo vero? Ricorda quel discorso di Putin prima dell’invasione. Quest’idea malata che l’Italia è stata importante e quindi dovrà essere sostenuta dall’Europa perchè le spetta di diritto. In realtà siamo morti, incapaci di ascoltare e capaci di urlare slogan. Solo slogan.
L’Italia oggi a livello economico è per l’UE too big to fail. Se andassimo in default tecnico sarebbe a rischio l’intera moneta. L’UE lo sa e i politici italiani pure. Per questo andremo avanti a rischiare, a rispettare (forse) promesse elettorali finanziate con altro debito. E noi dovremo alzare la mano e urlare “mea culpa”. Allora per una volta guardiamoci allo specchio e facciamo i politici di noi stessi. Amministriamo i nostri pensieri ed esponiamoci sulle materie che ci competono poiché non siamo tutti tuttologi come Orsini; Non siamo portatori di verità. Nessuno lo è.
Perché se ognuno esprimesse la massima potenza in un suo piccolo ambito allora la collettività potrà beneficiarne. Se tutti insieme ci diamo una mano forse in futuro avremo voce e competenze per cambiare questo paese. Ma prima bisogna cambiare mentalità ed essere disposti al sacrificio; per quest’anno è impossibile ma per chi ci crede nel 2027 ci sono gruppi di ragazzi pronti a farsi sentire come #riformaeprogresso.
Piccole cose possono fare la differenza. Io credo che l’Italia possa rialzarsi perché leggo nei giovani la voglia di farsi sentire. Facciamolo tutti insieme #riformaeprogresso
Riccardo Negrisoli – Riforma e Progresso