E’ bello morire per ciò in cui si crede. Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”

Iniziamo con queste parole per raccontare chi è stato Paolo Borsellino
Nascita e formazione
Paolo Borsellino nasce a Palermo il 19 gennaio 1940 nel quartiere popolare la Kalsa, lo stesso dove ha vissuto Giovanni Falcone. Si conobbero all’età di tredici anni in una partita di calcio all’oratorio.
Frequenta il liceo classico “Giovanni Meli” e l’11 settembre 1958 si iscrive a Giurisprudenza a Palermo.
Il 27 giugno 1962, all’età di ventidue anni, si laurea con 110 e lode.
Gli inizi in magistratura
Nel 1963 Borsellino partecipò al concorso per entrare in magistratura diventando il magistrato più giovane d’Italia. Iniziò il tirocinio come uditore giudiziario e nel settembre 1965 venne assegnato al tribunale di Enna nella sezione civile. Nel 1967 fu nominato pretore a Mazzara del Vallo.
Il 23 dicembre 1968 si sposò con Agnese Piraino Leto, i quali ebbero tre figli: Lucia, Manfredi e Fiammetta.
Nel 1969 divenne pretore a Monreale dove cominciò a lavorare con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile.
Il trasferimento a Palermo
Nel 1975 Borsellino venne trasferito presso l’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo. Con il capitano Basile nel 1980 continuò l’indagine di Boris Giuliano, ucciso nel 1979, sui rapporti tra i mafiosi di Altofonte e Corso dei Mille.
Il 4 maggio 1980 il capitano Basile venne ucciso e a Borsellino fu assegnata la scorta.
Il pool antimafia
Il 29 luglio 1983 fu ucciso Rocco Chinnici da un’atobomba e l’idea del pool fu messa in pratica dal suo successore, Antonino Caponnetto. Ne facevano parte: Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Giuseppe di Lello e Leonardo Guarnotta.

Lo scopo del pool era condividere fra più persone la conoscenza e le informazioni sul fenomeno mafioso per coordinarsi fra le varie indagini e rendere più efficace l’azione giudiziaria.
Questo portò, con il pentimento di Tommaso Buscetta, a spiccare i primi 366 mandati di cattura e poi altri 127 grazie alle dichiarazioni del pentito Salvatore Contorno.

Il maxiprocesso

Nell’estate del 1985 Falcone e Borsellino furono costretti a trasferirsi con le loro famiglie nella foresteria del carcere dell’Asinara dove scrissero l’ordinanza-sentenza di 8 mila pagine che rinviava a giudizio 476 indagati.
Così, il 10 febbraio 1986, si aprì ufficialmente il maxiprocesso. Successivamente fu proprio Borsellino a rendere noto il fatto che fu fatto pagare il soggiorno ai due magistrati.

Il trasferimento a Marsala

Il 19 dicembre 1986 Borsellino chiese ed ottenne la nomina come Procuratore della Repubblica di Marsala

Questo trasferimento, visto che non fu seguito il criterio di nomina dell’anzianità di servizio, portò Leonardo Sciascia ad innescare la famosa polemica sui “Professionisti dell’antimafia” dove polemizzava sul fatto che l’antimafia fosse usata come uno strumento per fare carriera in magistratura.

Dopo la sentenza di primo grado del maxiprocesso, Antonino Caponnetto lasciò la guida dell’Ufficio Istruzione di Palermo convinto che il suo posto venisse preso da Giovanni Falcone. Ma non fu così. Il CSM gli preferì Antonino Meli, seguendo il criterio di anzianità, il quale non aveva esperienza alcuna in indagini di mafia. Così il pool, mano a mano, venne smantellato.
Borsellino reagì con due interviste rilasciate il 20 luglio 1988 dove dichiarò: si doveva nominare Falcone per garantire la continuità all’Ufficio”, “hanno disfatto il pool antimafia”, “hanno tolto a Falcone le grandi inchieste”, “la squadra mobile non esiste più”, “stiamo tornando indietro, come 10 o 20 anni fa” .

Per queste sue dichiarazioni rischiò un provvedimento disciplinare e vennero predisposti accertamenti da parte del ministero per capire cosa stesse succedendo nel Palazzo di Giustizia di Palermo.

Nel frattempo Falcone, bocciato pure nell’elezione al CSM, accettava di dirigere gli Affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia dove ideò, tra le tante cose, la DNA e la Superprocura antimafia contro cui si espresse criticamente anche Borsellino.

Il ritorno a Palermo

Secondo le parole del collaboratore Vincenzo Calcara, nel settembre 1991 Cosa Nostra incaricò lo stesso Calcara per uccidere Borsellino il quale, però, venne arrestato il 5 novembre e decide di pentirsi per salvare Borsellino.

Nel marzo 1992 Borsellino ritorna a Palermo come Procuratore aggiunto insieme al sostituto Antonio Ingroia.

Il 21 maggio 1992 Paolo Borsellino rilascia un’intervista dove parla dei rapporti tra Cosa Nostra e l’imprenditoria milanese, accennando ad indagini in corso sui rapporti tra Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri.

Dopo la morte di Giovanni Falcone Borsellino fece di tutto per scoprire la verità sulla strage di Capaci.

In una presentazione del libro di Pino Arlacchi, nonostante il suo rifiuto, i ministri Vincenzo Scotti e Claudio Martelli annunciarono che avrebbero chiesto al CSM di riaprire il concorso per permettergli di partecipare alla nomina come Procuratore Nazionale Antimafia.

Borsellino non replicò direttamente ma rispose qualche giorno dopo affermando che:la scomparsa di Giovanni Falcone mi ha reso destinatario di un dolore che mi impedisce di rendermi beneficiario di effetti comunque riconducibili a tale luttuoso evento”.

La sera del 25 giugno partecipò ad un incontro pubblico per la presentazione di un fascicolo dedicato al fenomeno mafioso nell’atrio della Biblioteca comunale. In questo incontro lasciò quello che poi venne definito “testamento morale” di Borsellino. In questo incontro non poté rivelare dei particolari sull’indagine sulla Strage di Capaci anche perché rivestiva il ruolo di testimone e doveva essere ascoltato a Caltanissetta, dove si svolgevano le indagini sulla strage.

La morte

Il 19 luglio 1992 il giudice con la famiglia si trovavano a Villagrazia di Carini e nel pomeriggio si recò, con la sua scorta, in via D’Amelio in visita alla madre.

Alle 16:58 una Fiat 126, parcheggiata sotto casa della sorella, esplose non appena Borsellino suonò al citofono.

In quell’istante morirono il giudice Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio). Sopravvisse solamente l’autista Antonio Vullo.

 

Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”

Paolo Borsellino

Antonino Schilirò – Riforma e Progresso

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