Panoramica
L’idea di creare un esercito europeo è stata proposta come un possibile passo verso una maggiore integrazione e cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea (UE) nel campo della difesa e della sicurezza. L’obiettivo sarebbe quello di avere una forza militare europea unificata che potrebbe essere schierata per operazioni di mantenimento della pace, risposta a crisi internazionali o difesa comune.
Tuttavia, l’idea di un esercito europeo affronta diverse sfide. La difesa rimane una responsabilità sovrana degli Stati membri, e la creazione di un esercito europeo richiederebbe un accordo unanime tra tutti gli Stati membri dell’UE, compresa l’armonizzazione delle politiche di difesa e dei bilanci militari nazionali. Inoltre, ci sono differenze significative tra gli Stati membri in termini di interessi di sicurezza e priorità di difesa, il che rende difficile raggiungere un consenso su una struttura comune per un esercito europeo.
Alcuni passi sono stati fatti verso una maggiore cooperazione militare tra gli Stati membri dell’UE. Ad esempio, l’Unione europea ha lanciato la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) nel 2017, che è un framework che permette agli Stati membri di collaborare in modo più stretto nella difesa e nella sicurezza. La PESCO facilita la condivisione di risorse e l’implementazione di progetti comuni di sviluppo e acquisizione di capacità militari.
Numeri
Nel 2021 il personale militare attivo dei paesi UE era di 1.368.000 unità, quello degli USA 1.330.000 unità, superati da Cina (2.185.000) e India (1.455.000) e seguiti da Corea del Nord (1.280.000) e Russia (1.154.000).
La media pesata di militari ogni mille abitanti per l’UE è 3, maggiore di Cina (1,6) e India (1,1) e inferiore a USA (4) e Russia (8,1).
La spesa in percentuale rispetto al PIL è 1,3% per l’UE, inferiore a USA (3,5%), Cina (1,6%), India (2,4%) e Russia (4,1%), in termini assoluti la spesa nel 2021 in miliardi di $ è per l’UE 204, inferiore a USA (738) e maggiore di Cina (193), India (64) e Russia (60). Nell’UE più della metà della spesa militare è sostenuta da Francia (57) e Germania (51), segue l’Italia con (33): questi paesi spendono più della media UE (rispettivamente 1,9%, 1,4% e 1,7% del PIL) e coprono il 28%, il 25% e il 16% della spesa totale nell’UE.
Istituzioni europee esistenti in materia
Paragonando il ramo esecutivo dell’UE (la Commissione europea) ai governi nazionali, non è previsto un commissario che si occupi prettamente di difesa come farebbe un ministro: quanto di più simile lo si ritrova nell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che ex officio è anche presidente dell’Agenzia europea per la difesa (EDA). Secondo i Trattati di Lisbona, che ne regolano le funzioni, «guida la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione» e può proporre al Consiglio di adottare «decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione» di peacekeeping. Gli strumenti di cui l’UE è dotata da un punto di vista legislativo sono comunque limitati dai Trattati di Maastricht: «La politica estera e di sicurezza comune deve includere la progressiva formazione di una politica di sicurezza comune. Questo condurrà a una difesa comune, quando il Consiglio europeo, agendo unanimemente, deciderà così». Quindi è previsto dai trattati che si vada in direzione di una difesa comune, sempre però subordinata all’accordo di tutti i paesi membri. Negli anni si è cercato di dotare l’UE di un esercito comune, nel consiglio europeo tenutosi ad Helsinki tra il 10 e l’11 dicembre 1999 si era definito un corpo di intervento operativo composto da circa 60.000 unità che però non è mai attivato.
Esercito europeo doppione della NATO?
Una delle critiche maggiori mosse nei confronti di un progetto di difesa europea comune è che questo diventi una sorta di calco della NATO. La NATO è un’organizzazione intergovernativa (mentre l’UE è un’unione politica ed economica a carattere sovranazionale). Ne fanno parte 31 paesi (32 con la prossima ratifica che sancirà l’ingresso della Svezia), 29 europei e due nordamericani (USA e Canada). Dei 29 paesi europei 22 sono anche membri UE, non ne fanno parte Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Turchia (candidati all’adesione), Islanda e Norvegia (associazione europea di libero scambio) e Regno Unito (ex-membro UE).
Il segretario generale della NATO viene da un paese europeo, nominato per un mandato di quattro anni prorogabile (l’attuale Segretario Generale Stoltenberg, norvegese, è in carica dal 2014) ma sono gli USA a contribuire maggiormente sia per le risorse economiche che per quelle umane, rendendo i partner europei dipendenti dalla protezione americana.
Come visto sommando numericamente i militari attivi dei singoli paesi europei, un ipotetico esercito europeo sarebbe del tutto analogo a quello statunitense. Inoltre il Parlamento europeo ha stimato che un maggiore coordinamento su armamenti e approvvigionamenti consentirebbe all’UE di risparmiare 45 miliardi di euro all’anno. Ciò comporterebbe però una cessione della sovranità nazionale all’Unione europea, evento osteggiato da non pochi membri. Qualora venissero superate queste difficoltà, congiuntamente ad un aumento della spesa (la NATO prevede che il 2% del PIL nazionale venga destinato alla difesa), le risorse messe in campo da parte dei paesi europei consentirebbero un’alleanza più equilibrata.
Cosa ne pensano i cittadini europei?
Secondo i dati del 2022 pubblicati da Eurobarometro, l’81% della popolazione dell’UE è favorevole a una politica comune di difesa e sicurezza, con almeno due terzi di sostegno in ogni paese. Circa il 93% è concorde sull’importanza di agire insieme per difendere il territorio dell’UE, mentre l’85% ritiene che la cooperazione in ambito difensivo debba essere potenziata a livello dell’UE. Paesi tradizionalmente più neutrali o restii ad un coinvolgimento militare a seguito dell’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina hanno deciso di avvicinarsi alla NATO come Finlandia e Svezia, ambedue già membri dell’UE.
Perché non si trova un accordo in Europa?
Le problematiche sono molte, la prima è la già citata cessione di sovranità, osteggiata da alcuni paesi a guida sovranista. Poi ci sono questioni squisitamente geopolitiche: qualora si creasse un esercito europeo, la Francia, notoriamente a favore, avrebbe un potere spropositato, essendo l’unico membro UE, dopo l’uscita del Regno Unito, ad avere un seggio nel consiglio di sicurezza dell’ONU (su questo ci sono numerose correnti di pensiero, c’è chi crede che il seggio dovrebbe essere assegnato all’Unione europea, chi vorrebbe allargare il consiglio di sicurezza, anche con membri non permanenti, chi lo vorrebbe abolire del tutto). I paesi dell’Europa orientale sono di tutt’altro avviso, credono che una fuga in avanti degli europei andrebbe ad indebolire la NATO, dalla cui protezione (americana) dipendono. Ci sono altri paesi contrari proprio perché ritengono che un esercito europeo sarebbe una copia-carbone della NATO. Italia e Germania sono tra i paesi possibilisti, una volta chiarito il ruolo della Francia (ma sono su posizioni differenti riguardo alle soluzioni al problema). Se anche tali questioni venissero risolte, rimarrebbero le profonde divisioni in materia estera tra i vari paesi UE, e poiché serve l’unanimità per questo tipo di decisioni è facile comprendere come la strada per la creazione di un esercito europeo e di una difesa comune sia tutta in salita.
Quindi?
La formazione di un esercito europeo e un progetto di difesa comune non possono prescindere dalla volontà politica di tutti i membri dell’UE e gli ostacoli da superare sono tanti. I vantaggi sarebbero molti, oltre ad avere il secondo maggiore esercito al mondo, una maggiore cooperazione permetterebbe di ridurre i costi e di accrescere l’autorevolezza militare dell’UE, consentendoci di seguire la nostra visione in politica estera.
Michele Bagnato
Riforma e Progresso