Giustizia

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GIUSTIZIA

Obiettivi

  • RIFORMARE LA GIUSTIZIA PER RENDERLA "GIUSTA"

  • SEPARAZIONE DELLE CARRIERE IN MAGISTRATURA

  • RENDERE LE CARCERI PIU' "UMANE" E CON UNO SCOPO FORMATIVO

  • VELOCIZZARE LA GIUSTIZIA

  • DENUNCIA ANONIMA CON COMPENSO NEI CASI DI CORRUZIONE/CONCUSSIONE

  • POTENZIARE LA MEDIAZIONE E L'ARBITRATO

  • RIFORMA DEL TAR

  • RIFORMA DI METODI E PROCEDURE NEI TRIBUNALI PER MAGGIORE EFFICIENTAMENTO

  • PREVENIRE LA LITIGIOSITA' E CAMBIARE L'ACCESSO AI VARI GRADI DI GIUSTIZIA

Programma

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RIFORMARE LA GIUSTIZIA PER RENDERLA "GIUSTA"

RIFORMARE LA GIUSTIZIA PER RENDERLA “GIUSTA”

Il malfunzionamento e la lentezza della giustizia italiana è uno dei più grandi problemi socio-economici che affligge l’Italia.

Oltre a rendere difficile e pesante fare impresa, far crescere l’economia e investire in Italia, crea disuguaglianze, lungaggini, appesantimenti procedurali della vita dei cittadini e più incertezza e frustrazione.

Per iniziare a risolvere i vari problemi, SERVE PRIMA DI TUTTO VELOCIZZARE I TEMPI DELLA GIUSTIZIA.

Alla luce di quanto riportato da Carlo Cottarelli nel suo libro “I 7 Peccati Capitali dell’Economia Italiana”, ci sono varie questioni da risolvere:

AUMENTARE LE RISORSE ALLA GIUSTIZIA

FAR UTILIZZARE BENE LE RISORSE CHE GIA’ HA LA GIUSTIZIA

RIDURRE L’ECCESSO DI DOMANDA DA PARTE DEI CITTADINI (che ormai si fanno causa per qualunque cosa e poi sono anche capaci di farsi tutti i 3 gradi di giudizio in 8 anni di media, anche per cause futili e di poco conto)

SERVE AUMENTARE IL PERSONALE AMMINISTRATIVO DI SUPPORTO AI GIUDICI (in media pro capite, ne abbiamo meno rispetto agli altri Paesi europei)

PENSANDO NEL LUNGO PERIODO SERVE ANCHE RIDURRE IL NUMERO DI AVVOCATI IN ITALIA, bisogna istituire un esame a numero chiuso in tutte le università di giurisprudenza, permettendo l’ingresso solo a un terzo degli attuali posti disponibili, e lasciando la retta universitaria e anzi aumentandola, per disincentivare. Lo sappiamo tutti, in Italia abbiamo il più alto numero di avvocati pro capite d’Europa, tanto che molti avvocati avendo troppa concorrenza, faticano a lavorare e guadagnare. L’avere poi tanti avvocati e a basso costo rende più facile alle persone fare causa a tutti per qualunque cosa.

Gli unici ad essere contrari, spesso, a una riforma che velocizzi la giustizia, sono proprio gli avvocati.

Obbligare i giudici a lavorare effettivamente 8 ore al giorno, 5 giorni su 7 e incentivarli a fare gli straordinari (così guadagnano di più)

AUMENTARE I COSTI DELLE TASSE PER ISCRIZIONE A RUOLO NELLE CAUSE CIVILI (a parte le cause sul lavoro), quadruplicare i costi, così le persone dovranno sborsare bei soldi per poter iniziare a fare causa (i nostri costi sono comunque tra i più bassi d’Europa).

OBBLIGARE TUTTI I TRIBUNALI D’ITALIA A GESTIRE AMMINISTRATIVAMENTE LE CAUSE COME SI FA A TORINO (il tribunale più efficiente d’Italia e che ha trovato il modo di sbrigare le cause nel modo più veloce possibile) grazie al suo presidente, Mario Barbuto col suo “programma Strasburgo” che portò a un rapido smaltimento dell’arretrato. Si tratta di azioni di buon senso ma molto efficaci:

Procedere prima con la cause più vecchie;

Mappare le pendenze per conoscerne i contenuti;

Seguire percorsi standardizzati ove possibile, anche rimedi banali come “etichettare con un colore diverso i procedimenti in arretrato” può avere un impatto psicologico notevole, sottolineando l’importanza di concludere quei procedimenti in modo rapido;

Gestire i fascicoli in modo sequenziale invece di quella usualmente adottata di gestione in parallelo, “meglio una alla volta che tanti assieme”;

Insomma come dice Cottarelli, un po’ di metodo, ordine e disciplina e addestramento nei tribunali, porterebbe a migliorare le pratiche manageriali per raggiungere risultati importanti. Diversi osservatori, tra i primi Andrea Ichino, hanno notato che un’organizzazione sequenziale del lavoro dei giudici ne aumenterebbe la produttività: è meglio portare a termine causa per causa una dopo l’altra piuttosto che tante cause diverse in parallelo, dovendosi di volta in volta rinfrescare la mente sul caso, dopo mesi o anni, perché se ne seguono troppe in contemporanea.

Il ministero della giustizia deve ogni anno indicare degli obiettivi di performance per ogni tipo di tribunale, e far si che se si raggiungono gli obiettivi, i magistrati avranno un premio economico a fine anno. Obiettivi realistici, realizzabili ovviamente e monitorabili, e sanzionare con riduzione di stipendio dei magistrati se tali obiettivi sono stati disattesi troppo (stando sotto ad una certa percentuale negativa).

CREARE ULTERIORI TRIBUNALI SPECIALIZZATI

LIMITARE IN MODO SIGNIFICATIVO la possibilità di appello, e ancora peggio, in Cassazione per i provvedimenti futili, dilatori e di scarsa importanza.

CERTEZZA DELLA PENA

FAR RISPETTARE LA LEGGE A TUTTI

DIMINUIRE SCONTI DI PENA (chi deve stare in prigione 5 anni deve starci effettivamente 5 anni) non come adesso che chi ci va in prigione, poi è fuori dopo poco tempo).

Ad oggi i processi DURANO TROPPO, CI SONO TROPPI GRADI DI GIUDIZIO, risulta troppo facile ed economico fare causa su qualunque cosa, e peggio ancora, NON C’E’ CERTEZZA DELLA PENA, NE’ CERTEZZA SULLE TEMPISTICHE E SUI COSTI DEL PROCESSO. Questa è una disgrazia alla quale dobbiamo trovare subito una soluzione definitiva.

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE IN MAGISTRATURA

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE IN MAGISTRATURA

La legge italiana prevede che i magistrati inquirenti e quelli giudicanti facciano parte di un unico ordine con un unico governo di autocontrollo, il Consiglio Superiore della Magistratura.

Serve modificare l’attuale assetto dell’ordine giudiziario, creando per i pubblici ministeri un ordine differente rispetto a quello dei giudici, pur continuando a riconoscere a entrambe le categorie le garanzie di autonomia e indipendenza che caratterizzano la magistratura.

Per noi di Riforma e Progresso è sacrosanto il mantenimento della separazione dei poteri e dell’autonomia e indipendenza dei vari organi di Stato. Allo stesso tempo però vogliamo anche, come molti esperti, professionisti e cittadini al giorno d’oggi, garantire imparzialità, giustizia e neutralità durante i processi tra imputato e organo giudicante ed inquirente.

Il giudice che decide non deve far parte della stessa “famiglia/squadra” del pubblico ministero che deve invece cercare di incriminare e far giudicare come colpevole l’imputato.

Ovviamente il lavoro di Giudice è diverso e opposto rispetto al magistrato PM (Pubblico Ministero), però spesso sono scaturite incongruità e atteggiamenti non del tutto trasparenti e indipendenti visto che entrambi i soggetti fanno parte della stessa professione, con gli stessi capi, le stesse regole per far carriera. Sono dei colleghi posti sotto lo stesso tetto a tutti gli effetti. Quindi come può avere un imputato la certezza assoluta del 100% che Giudice e PM non stiano facendo gioco di squadra per un qualunque motivo?

Se ne parla da anni e la maggior parte dell’opinione pubblica, della politica, dei professionisti del diritto, chiedono a gran voce una separazione delle carriere in cui il ruolo del tutto distinto del giudice lo libererebbe da ogni legame con il PM e lo renderebbe più libero e indipendente di decidere.

A favore della separazione delle carriere vi è la circostanza che magistratura giudicante e magistratura requirente svolgono funzioni distanti tra loro che richiedono attitudini differenti. Inoltre, vi è la circostanza che continuare a lasciare il PM e il giudice nel medesimo ordinamento non garantirebbe la necessaria terzietà del secondo e di conseguenza inficerebbe l’efficienza e la giustizia del processo. La separazione delle carriere è presente anche nella maggioranza dei Paesi Europei (anzi, molti Paesi non hanno nemmeno un organo amministrativo autonomo come il nostro CSM, e quindi i magistrati vengono nominati e amministrati da organi di Governo Politico).

DEPOLITICIZZARE – Per di più, noi di Riforma e Progresso vogliamo che la giustizia sia davvero completamente neutrale, a servizio dello Stato e della Legge, e distaccata da influenze politiche o di parte. Per questo motivo è essenziale che siano sciolte tutte le correnti politiche dei Magistrati e che gli venga vietato di fare politica o di professare idee politiche, come già peraltro succede per tutti i componenti delle Forze Armate ed alle Forze dell’Ordine (fatto salvo il diritto di candidarsi in un qualsiasi partito politico). Questo tra le altre cose assicura maggiormente l’imparzialità e la terzietà nei procedimenti giudiziari.

 

RENDERE LE CARCERI PIU' "UMANE" E CON UNO SCOPO FORMATIVO

RENDERE LE CARCERI PIU’ “UMANE” E CON UNO SCOPO FORMATIVO

Lo sentiamo ogni anno al telegiornale e per di più la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo obbliga ogni anno l’Italia a pagare un sacco di sanzioni e risarcimenti per colpa del metodo italiano di gestire le carceri. Il nostro sistema carcerario è fermo al 1800. Carceri strapiene, sporche, vecchie, dove i detenuti sono tenuti peggio delle bestie e dove non ricevono quasi mai una “rieducazione” di aiuto che serva a reintegrarli correttamente nella società.

Le carceri italiane spesso, purtroppo, sono solo dei luoghi dove parcheggiare per un po’ i criminali per tenerli distanti dalla comunità, fino a che riescono e ricominciano (per il più delle volte) a delinquere di nuovo.

Spesso molti detenuti si fanno anni di carcere solo per stare in attesa di giudizio perfino.

Serve rivedere il sistema, intanto rendere il sistema carcerario più vivibile e umano, e allo stesso tempo RIFORMANTE psicologicamente, moralmente e professionalmente per il carcerato, in modo che capisca l’importanza di comportarsi bene, integrarsi correttamente nella comunità e non delinquere più. Una volta al Governo, noi di Riforma e Progresso attueremo:

APERTURA DI NUOVE CARCERI

Per iniziare, serve creare nuovo spazio per i detenuti. Sono state costruite alcune nuove carceri negli ultimi anni ma per colpa della burocrazia non sono ancora state aperte.

RISTRUTTURAZIONE/RICOSTRUZIONE degli attuali edifici carcerari

ASSUNZIONE DI TUTTO IL PERSONALE CARCERARIO NECESSARIO PER L’ESATTA GESTIONE E AMMINISTRAZIONE DELLE CARCERI 

Nella stragrande maggioranza delle oltre 200 carceri italiane il personale è endemicamente sotto organico e costretto a turni di lavoro e straordinari massacranti. Per non parlare degli educatori e delle altre figure professionali spesso del tutto insufficienti.

Di certo la legislazione italiana ha aggravato il sistema carcerario penalizzando comportamenti che, in altri Paesi, costituiscono violazioni amministrative e non penali.

L’uso di sostanze stupefacenti, ad esempio, costituisce una percentuale del 40% circa della popolazione carceraria. 

La funzione costituzionale della pena dovrebbe essere quella della rieducazione in vista di un reinserimento nella società, ma è stata soppiantata dalla spinta tribale della popolazione che confonde la funzione democratica della giustizia con la detenzione, indotta a credere, barbaramente, che l’una possa sostituirsi all’altra. L’Italia nei confronti della popolazione carceraria ha un immorale senso di indifferenza, e il giustizialismo, declinato come condizione frustrante della convivenza civile, è diventato un sentimento diffuso. E questo tra le altre cose, non porta altro che “degradare” sempre di più il carcerato che si sente sempre più escluso dalla società, reietto, non facendo altro che rendere egli stesso indifferente alla società stessa, che lo respinge, spingendolo a “rimanere delinquente”, tornando molto spesso a delinquere di nuovo appena fuori dal carcere. 

In Italia si contano 205 strutture carcerarie funzionanti cui si aggiungono altre 40 edificate e non collaudate. Un classico esempio di enorme sperpero di risorse pubbliche e mala efficienza. Il recupero di quelle strutture e la loro utilizzazione avrebbe conseguenze positive su più fronti. 

  • La popolazione carceraria sarebbe posta in condizioni di scontare la pena con umana dignità.
  • L’utilizzo di nuove strutture porrebbe l’Amministrazione statale nella necessità di assumere nuovo personale dipendente.

La funzione di recupero dei detenuti si tradurrebbe in una diminuzione drastica della possibilità, per gli ex detenuti, di reiterare le condotte criminali una volta scontata la pena.

NO PRIVATIZZAZIONI DELLE CARCERI:

Siamo contrari alla privatizzazione del sistema carcerario (su modello americano). In Italia, col Governo Monti si è liberalizzato questo settore, iniziando a far costruire ai privati un primo carcere privatizzato (a Bolzano).

E’ scontato che chi intravede un profitto nella gestione dei detenuti non avrà alcun interesse ad occuparsi della loro riabilitazione.

Stupri, pestaggi, ricatti, sporcizia, disturbi psichiatrici, sono le conseguenze di una colpevole disattenzione verso i detenuti che la privatizzazione non risolverà, posto che la finalità sarà quella del profitto.

La privatizzazione delle carceri, nei Paesi ove è già stata adottata, non ha risolto nemmeno l’auspicato risparmio da parte dello Stato e anzi i costi di una criminalità non rieducata, sono addirittura aumentati.

DEPENALIZZAZIONE REATI MINORI:

Molte persone sono attualmente in carcere per reati di poco conto, spesso legati ad esigenze di sopravvivenza (furti, rapine, spaccio di droga), ad esempio, circa il 40% della popolazione carceraria totale (dati 2020 Ministero della Giustizia).

La disoccupazione cronica, la povertà, la mancanza di educazione, di comunicazione e il dilagante abbandono dei cittadini da parte dello Stato, sono spesso la radice dei problemi sociali e della delinquenza (spesso chi delinque lo fa per sopravvivere e mangiare) un discorso complesso che noi di Riforma e Progresso intendiamo affrontare con politiche specifiche e mirate che aiutino nell’insieme a migliorare la situazione e quindi disincentivare il bisogno di “rubare o delinquere per sopravvivere”. Ma tratteremo i vari temi all’interno dei nostri vari programmi.

Per il momento tra le varie cose, ci sembra giusto iniziare a contribuire a ridurre il numero di reati e quindi di popolazione carceraria, anche depenalizzando certi reati minori. Come quelli legati alla prostituzione e alle droghe leggere. Mentre per altri reati lievi, far comminare sanzioni pecuniarie e non più detentive.

Ne parleremo più specificatamente nel nostro Programma Uguaglianza e Diritti Sociali, ma intanto possiamo dire che grazie alla depenalizzazione, legalizzazione e regolamentazione di droghe leggere e prostituzione, aiuteremo, tra le altre cose, a ridurre sensibilmente la popolazione carceraria (togliendo tra l’altro questo monopolio alla criminalità organizzata).

VELOCIZZARE LA GIUSTIZIA

VELOCIZZARE LA GIUSTIZIA

Per quanto giudici, avvocati e personale dei tribunali facciano bene il loro lavoro oggi, purtroppo in Italia è risaputo, ed è ritenuto da tutti il problema principale, i tempi della giustizia sono troppo lunghi. Sia nel civile che nel penale, questo porta una serie di problemi economici, sociali e morali che mal si adattano ad un Paese civile e moderno. 

La giustizia è un servizio fondamentale che lo Stato deve assicurare ai cittadini e alle imprese. Una giustizia inefficiente costituisce un fattore di disgregazione per la società e ne limita la crescita economica.

Una giustizia civile inefficiente, in particolare, si riflette in una riduzione degli investimenti, soprattutto dall’estero; fa sì che il mercato del credito e, più in generale, della finanza siano poco sviluppati e che vi siano asimmetrie nei tassi d’interesse tra diverse regioni del paese, a seconda della durata dei processi; comporta rigidità nel mercato del lavoro; limita la concorrenza nei settori produttivi, nei servizi, e nelle professioni; provoca una distorsione della struttura delle imprese; ingessa il mercato immobiliare; ecc.    

Il malfunzionamento conclamato della giustizia civile costa agli italiani, secondo la Banca d’Italia, l’1% del PIL, rallenta la crescita del sistema imprenditoriale e ostacola l’attrazione di investimenti stranieri, poiché genera sfiducia nel sistema Paese.

Il Centro Studi di Confindustria stima che smaltire l’enorme mole di cause pendenti  frutterebbe alla nostra economia il 4,9% del Pil ma basterebbe abbattere anche del 10% i tempi di risoluzione delle cause per guadagnare lo 0,8% del Pil l’anno.

Secondo l’annuale classifica mondiale “Doing Business 2020” l’Italia è al 122° posto su 186 Paesi al mondo classificati, come efficienza e tempistica della giustizia e nel far rispettare la legge e i contratti in caso di giudizio. Ma oltre alla vergogna di essere messi peggio di Paesi come Sierra Leone o Etiopia o Tanzania per esempio, c’è anche la vergogna sociale di affossare la società italiana, la sua economia, il suo quieto vivere.

La lentezza fa male anche all’economia, solo per citare un esempio tratto dal libro di Paolo Bracalini “La Repubblica dei Mandarini”:

Guidalberto Guidi, ex numero 2 di Confindustria, presidente di Ducati Energia una volta disse: “quando devo firmare un contratto con clienti stranieri, faccio fatica ad inserire nel contratto, come foro di competenza per eventuali controversie, un qualunque foro italiano (es. Roma, Milano, Bologna), in un contratto una volta misi Singapore piuttosto. L’Italia è un Paese per commercialisti, nessun sano di mente investirebbe qui”.

Secondo Banca d’Italia, l’inefficienza della giustizia in Italia costa oltre l’1% di PIL (circa 18 mld). In Italia si deve aspettare in media 1210 giorni per recuperare un credito, 740 per un giudizio di separazione, 1549 per i giudizi civili davanti la corte d’appello. Una causa civile dura in media quasi 8 anni. Ci sono oltre 9 milioni di processi pendenti (tra penale e civile).

LA GIUSTIZIA È UN PARAMETRO CUI GLI INVESTITORI GUARDANO DA SUBITO. Se non funziona se ne stanno a casa loro. La lentezza poi porta anche a spendere molto in spese legali, perché perdurano negli anni, qualcuno di voi pensa “gli avvocati ci guadagnano” non sempre visto che spesso a parte una caparra iniziale, chiedono i soldi al cliente solo alla fine del processo, o spesso, molti clienti non pagano proprio, o in ritardo.

In Italia servono in media 514 giorni per concludere il primo grado di un processo civile, quasi mille giorni (993, per la precisione) per il secondo e ben 1.442 giorni per il terzo. In totale, dunque, poco meno di 3 mila giorni (2.949), ovvero quasi 8 anni!!

Siamo i terzi peggiori d’Europa, contro una media di 192 giorni per concludere il primo gradi di giudizio (Fonte dati: Consiglio d’Europa).

Secondo lo European Commission for the Efficiency of Justice del Consiglio d’Europa 2018, oltre a spendere poco per la giustizia, abbiamo in media (rispetto a Paesi simili a noi), circa il 50% in meno dei giudici e del personale amministrativo.

La mancanza di organico non è l’unico problema della lentezza della giustizia, ma di sicuro è il primo dei problemi.

Noi di Riforma e Progresso una volta al Governo dell’Italia, vogliamo destinare ben 1 miliardo di Euro alla giustizia, in modo da assumere tutto il personale mancante, giudici e personale dei tribunali. I soldi verranno usati anche per ristrutturare certi tribunali (alcuni sono attualmente dentro a “temporanee” tende o containers”).

Oltre a ciò serve riaprire tutti i 37 tribunali che erano stati chiusi anni fa dal governo Monti con la riforma della Ministra Severino (per la spending review). Alcuni di questi tribunali erano stati perfino ricostruiti nuovi di zecca ma poi mai usati in quanto son stati chiusi, creando non poche lamentele da parte della cittadinanza della zona. 

L’inondazione di cause pretestuose è la principale causa della inefficienza

Un secondo problema della lentezza dei processi è che in Italia la gente fa troppe cause per qualunque cosa. Tutti gli studi di analisi economica della giustizia convergono sulla conclusione che in Italia i tempi dei processi civili sono straordinariamente lunghi a causa di un eccesso di domanda di giustizia, a fronte di una offerta e di investimenti in linea con le medie europee.

Fino a quando ricorrere o resistere in giudizio sapendo di avere torto conviene, i tribunali continueranno ad essere polo d’attrazione per cause pretestuose, o facilmente risolubili diversamente, a danno di quelle serie e che invece richiedono l’intervento del magistrato. In Italia vengono iscritte a ruolo 3.958 cause per 100.000 abitanti, il doppio della Germania e il 43% in più della Francia. L’obiettivo è di  avvicinarsi alla media dei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa di 2.738 cause per 100.000 abitanti.

L’abuso dello strumento processuale non solo rallenta le cause reali ma ingolfa tutto il sistema rendendo inefficienti le procedure e poco produttivi i magistrati sommersi di fascicoli.

Per provare a risolvere questi problemi, si deve iniziare puntando ad un efficientamento di tipo organizzativo in modo da decongestionare i tribunali dalle cause pretestuose o risolubili diversamente, migliorare l’efficienza delle procedure, aumentare la produttività e creare sezioni e giudici specializzati.

Disingolfare i tribunali dalle cause pretestuose o risolvibili in altro modo

Introdurre l’arbitrato obbligatorio per cause di poco valore o per cause civili di poco conto (come ad esempio litigi tra condomini)

Adeguare il tasso di interesse legale al tasso di mercato. L’applicazione di un tasso legale (attualmente al 2,5%) inferiore al tasso di mercato favorisce il debitore, cui conviene resistere in giudizio pur sapendo d’avere torto;

Incentivare la sottoscrizione delle polizze di tutela legale a copertura dei costi del processo. Come in Germania e Olanda, esiste una relazione positiva tra la diffusione delle polizze di tutela legale e la riduzione del contenzioso perché gli accordi stragiudiziali, quando opportuni e convenienti per entrambi, vengono favoriti;

Obbligare le persone, in certi tipi di cause di poco valore, a risolvere il contenzioso tramite gli arbitrati, e usare come secondo grado di appello un giudice di pace;

Fare una legge che archivia i reati minori (per es. chi falsifica il biglietto dell’autobus si prenderà una multa senza fare 3 gradi di giudizio)

Serve cancellare i processi agli irreperibili. Per esempio, oggi chi è denunciato a per vendere borse false per strada è di solito un immigrato che spesso non ha fissa dimora, e quindi diviene impossibile notificargli gli atti, ma il processo va avanti lo stesso con l’avvocato d’ufficio, pagato dallo Stato, il quale ha tutto l’interesse a ricorrere in casi di condanna. Una macchina costosissima che riguarda quasi il 30% delle sentenze dei tribunali monocratici, per condannare un soggetto che “non c’è”. Se poi un giorno lo trovi, poiché la legge europea prevede il suo diritto a difendersi, si ricomincia da capo. Soluzione: perché non fare come fanno negli altri Paesi e sospendere il processo fino a quando non trovi l’irreperibile?

Togliere il reato di clandestinità: secondo tutti gli esperti, il reato non serve e intasa i tribunali, e se cancellato, oltre a portare risparmi di risorse giudiziarie ed amministrative, avrà anche effetti positivi per l’efficacia delle indagini in materia di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e traffico di migranti. Ci sono molti dubbi anche sul fatto che il reato rappresenti un deterrente all’immigrazione clandestina. Una volta accertato che tizio è clandestino (cioè arriva senza documenti, senza permesso e non ha diritto di asilo secondo i trattati internazionali), bisogna prenderlo e imbarcarlo in una nave o aereo diretti per riportarlo subito a nel suo Paese. Per fare ciò bisogna aumentare i trattati bilaterali con i Paesi di Africa e Asia. Bisogna espellerli subito e non invece fargli il processo e poi espellerli.

Migliorare l’efficienza delle procedure

Generalizzare la possibilità, ancora poco utilizzata, di pronunciare la sentenza con lettura immediata del dispositivo, con concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, riducendo i tempi della stesura della sentenza;

Semplificare la fase di conferimento dell’incarico ai consulenti tecnici d’ufficio, che devono poi essere incentivati anche economicamente per quanto riguarda i tempi di deposito della perizia;

Vietare di far portare in Cassazione questioni di poco conto

Limitare i rinvii e le sospensioni. Nel caso una parte chieda un rinvio, farle pagare i costi legali della controparte (per non far sobbarcare tali costi del ritardo alla controparte), oltre una piccola somma extra da pagare al tribunale come una sorta di penale per aver chiesto questo ritardo, in modo da disincentivare le parti a chiedere sospensioni e rinvii (in tal modo si contribuisce a velocizzare i processi).

A volte però è colpa dei giudici che chiedono sospensioni o rinvii. Serve far fare una stima al Ministero della Giustizia assieme al Consiglio Superiore della Magistratura, per valutare quanti sono in media i rinvii/sospensioni che si fanno duranti i processi, e creare poi un numero limite di rinvii che si possono chiedere/fare/concedere, giudici inclusi. In alcuni Tribunali, come ad esempio quello di Reggio Calabria, succede spesso che si arrivi a chiedere perfino qualcosa come 15 rinvii!!

Sicuramente molto spesso, alcune controparti lo fanno apposta per allungare i procedimenti per mille motivi di interesse personale. Serve quindi trovare UN LIMITE oltre che mettere dei disincentivi economici.

Aumentare la produttività

Promuovere una riorganizzazione della struttura degli uffici giudiziari, da ottenersi, se necessario, anche con l’inserimento di figure manageriali scelte dagli operatori di giustizia in loco attraverso una selezione professionale, che contribuiscano a

velocizzare le procedure interne agli uffici e ne riducano i costi, liberando altresì il tempo a disposizione dei magistrati.

Seguire in tutti i tribunali il procedimento messo a punto dall’allora Presidente del tribunale di Torino Mario Barbuto, partendo dalle cause più vecchie a seguito di una catalogazione dei procedimenti pendenti. Ciò peraltro consentirebbe una maggiore trasparenza sull’operato dei giudici e consentirebbe una migliore valutazione della loro performance;

Generalizzare metodi di lavoro che riducano la quantità di procedimenti che ciascun giudice gestisce contemporaneamente, per ridurre la frammentarietà dei procedimenti. Si vedano i risultati molto positivi di sperimentazione ottenuti dalla Corte d’Appello Sezione Lavoro di Roma e dalla già citata Corte d’Appello di Torino. Si vedano anche gli studi di Decio Coviello, Andrea Ichino, e Nicola Persico che, sulla base dei risultati delle Sezioni Lavoro dei Tribunali di Torino e Napoli,  hanno illustrato come una migliore organizzazione del lavoro che eviti la proliferazione in parallelo delle cause e comporti una riassegnazione delle cause dei giudici assenti (ad esempio per gravidanza) possa portare ad un accorciamento significativo dei tempi del giudizio;

Dotare il giudice togato di un ufficio costituito da giovani laureati selezionati secondo criteri qualitativi, dotati di una borsa di studio, che coadiuvino il giudice. La pratica dei giovani nell’Ufficio del giudice deve essere inserita a regime nel normale meccanismo concorsuale di accesso alla magistratura e ammessa come tirocinio abilitante agli esami per l’avvocatura. Si vedano i risultati molto positivi di sperimentazione ottenuti dal Tribunale di Milano;

Per generalizzare tali comportamenti virtuosi è necessario, pur garantendo la massima indipendenza della magistratura,  valorizzare la performance dei giudici anche in termini di efficienza e produttività, in termini sia di remunerazione sia di responsabilità. In particolare, nel giudicare la performance, al fine dei passaggi di carriera a posizioni direttive o che comunque comportino responsabilità di uffici, il CSM deve necessariamente avvalersi di tecnici specializzati nella valutazione delle risorse umane;

Creare sezioni e giudici specializzati

Introdurre maggiore competenza (che si traduce in rapidità e equità delle sentenze) nei tribunali attraverso la creazione di sezioni e giudici specializzati, come già avviene nei tribunali maggiori; in particolare, potrebbero esser create sezioni specializzate in diritto commerciale, del lavoro, fallimentare, di famiglia, delle locazioni, e della proprietà industriale e intellettuale (queste ultime di recente sono state incorporate nelle sezioni in materia di impresa, facendo venir meno la competenza specifica). Ove opportuno, le sezioni potrebbero essere concentrate presso uno o più tribunali all’interno di una regione, con un limitato aggravio per le parti, a fronte di molteplici vantaggi;

RIPROPORRE IN TUTTA ITALIA LE BUONE PRATICHE PORTATE AVANTI IN QUALCHE TRIBUNALE ITALIANO (come accaduto con il Tribunale di Torino).

Molti degli interventi di rapida attuazione indicati per la giustizia civile, specie quelli riguardanti la produttività, sono possibili e e fattibili, in forma opportunamente modificata, anche per gli altri settori. Si vedano, ad esempio, i risultati molto positivi ottenuti dalla

Procura di Bolzano diretta da Cuno Tarfusser che ha tagliato i costi del 70 per cento in tre anni, ottenuto la certificazione di qualità Iso 9000, e redatto annualmente il bilancio sociale. In termini più generali, coerentemente con gli interventi sopra delineati per la giustizia civile, ha proposto la distinzione degli aspetti gestionali da quelli giurisdizionali. Di seguito, sono indicate talune ulteriori proposte più specifiche;

Aumentare il numero di giudici di pace e rendere inappellabile tali sentenze per le cause minori;

Per migliorare l’efficienza delle procedure serve poi anche generalizzare la possibilità di pronunciare la sentenza con lettura immediata del dispositivo e semplificare la fase di conferimento dell’incarico ai consulenti tecnici d’ufficio;

Altro modo per velocizzare i processi è aiutare i magistrati e i giudici a concentrarsi sulla fase di valutazione e decisoria e lasciar perdere tutta la parte burocratica ed informatica e demandarla a personali aiutanti che si occuperanno di ciò e della digitalizzazione (anche perché molti magistrati di vecchia data non sono in grado di usare bene e velocemente il computer, i vari software ecc.). Questi operatori di giustizia saranno scelti attraverso una selezione professionale e contribuiranno a velocizzare le procedure interne degli uffici, liberando quindi il tempo ai magistrati;

PER LA GIUSTIZIA PENALE

Obbligo di produrre in giudizio le dichiarazioni per iscritto dei testimoni capaci di testimoniare su fatti rilevanti ai fini del giudizio.

La deposizione per iscritto viene effettuata innanzi ad un avvocato ed un testimone che attesta l’autenticità della dichiarazione e verifica l’identità del dichiarante, avvisando delle conseguenze in caso di false dichiarazioni. L’obbligo di ricorrere alle testimonianze per iscritto consente di raccogliere le testimonianze al di fuori dei tribunali evitando in questo modo le udienze necessarie per le deposizioni dei teste ed abbreviando di conseguenza la durata della lite per ovvio risparmio di tempo.

 

DENUNCIA ANONIMA CON COMPENSO NEI CASI DI CORRUZIONE/CONCUSSIONE

DENUNCIA ANONIMA CON COMPENSO NEI CASI DI CORRUZIONE/CONCUSSIONE

Verrà creato un sito web (gestito dal ministero dell’interno) dove qualunque cittadino, in forma del tutto anonima potrà denunciare un qualunque fatto di corruzione o concussione commesso da qualche pubblico dipendente. Una sorta di LETTERA NELLA BOCCA DELLA VERITA’ che esisteva nel medioevo, ma in formato online. Garantisce l’anonimato della fonte che denuncia i fatti oggetto di corruzione ed al tempo stesso permette al soggetto che si attiva per effettuare una denunzia il diritto ad una ricompensa qualora a fronte delle attività investigativa degli inquirenti sia dimostrata la bontà dei fatti oggetto di denuncia.

Inoltre è prevista la pubblicazione e consultazione pubblica dei nomi dei dipendenti pubblici che sono stati giudicati colpevoli di reati di corruzione (peculato, concussione ed abuso in atti d’ufficio) anche in presenza di una sola sentenza di primo grado.

Ovviamente le persone risultate colpevoli con sentenza passata in giudicato vengono immediatamente licenziate (oltre a ricorrere alle sanzioni penali e amministrative previste per legge).

L’anonimato è fondamentale, verrà sviluppato un software sicuro atto a garantire il totale anonimato di chi accede ed interagisce con il portale. Il portale verrà gestito da una sezione apposita della POLIZIA DI STATO (Anticorruzione), che si attiverà immediatamente a eseguire studi, valutazioni, e investigazioni per raccogliere informazioni. Eventualmente in certi casi sarà possibile per la Polizia Anticorruzione, chiedere supporto al denunciante (chiedendogli di fornire maggiori dettagli, informazioni, o per collaborare ecc.) ma in modo del tutto volontario e facoltativo e ovviamente mantenendo l’anonimato, quindi il denunciante non è obbligato a far nulla se non vuole.

Nei casi in cui la denuncia porti ad una effettiva denuncia e quindi sentenza di colpevolezza in primo grado del corrotto, il denunciante riceverà un premio in denaro (soldi che la polizia prenderà direttamente dal corrotto colpevole, visto che tra l’altro, dovrà pagare una multa).

Se invece il corrotto risulta innocente, non succede nulla, tutto finisce lì, senza ritorsioni di alcun tipo per il denunciante.

ULTERIORI INCENTIVI PER VELOCIZZARE I PROCESSI PENALI

ULTERIORI INCENTIVI PER VELOCIZZARE I PROCESSI PENALI

Prevedere ulteriori incentivi alla scelta dei riti alternativi, a fronte del rischio che in caso di condanna nel dibattimento si incorra in una pena certa e assai più severa;

Limitare la carcerazione preventiva affinché non sia, come oggi è, anticipazione di pena nei confronti di presunti innocenti. Incentivare il ricorso a misure cautelari meno afflittive, pur previste dal Codice di procedura penale, incluso il braccialetto elettronico, già in vigore in altri Paesi;

Semplificare il meccanismo delle notifiche, con particolare riguardo all’ipotesi degli irreperibili, responsabilizzando l’imputato rispetto alla conoscenza e all’andamento del processo. Le notifiche ai difensori devono inoltre poter essere fatte con i normali mezzi telematici esistenti (anche SMS);

Limitare il principio d’immediatezza, consentendo al giudice che si sostituisca in un processo pendente di utilizzare i verbali delle testimonianze assunte dal predecessore e, eventualmente, di risentire quei testimoni che reputi necessari;

Garantire la necessaria specializzazione in materie tributarie dei giudici anche presso la Cassazione, posto che con il sistema attuale si tratta di magistrati che per definizione hanno percorso una carriera in settori del tutto diversi;

Garantire la ragionevole durata del processo dando incentivi per far scegliere riti alternativi, distinguendo la prescrizione del reato dalla decadenza dell’azione penale (secondo i principi del disegno di legge Mori);

Ridurre la durata delle indagini preliminari (limitare i tempi e non permettere rinvii ai magistrati) e– implementare la possibilità della difesa di optare per un rito alternativo prima della fase di dibattimento. Valutare poi l’ipotesi (da far studiare agli esperti) sull’abolizione dell’udienza preliminare dove molti si dicono già a favore (vedi fonte: : https://www.sistemapenale.it/it/articolo/marcello-daniele-abolire-udienza-reliminare-er-rilanciare-sistema-accusatorio del professor Marcello Daniele):

“L’udienza preliminare non filtra abbastanza: una diagnosi impietosa ma condivisa dai più, che ha stimolato, negli ultimi tempi, l’ennesimo tentativo di riformare la regola di giudizio prevista dall’art. 425 c.p.p. L’idea è di addossare al g.u.p. una prognosi di “accoglibilità della prospettazione accusatoria” in dibattimento, ma solleva non poche perplessità sulla sua reale capacità di diminuire il numero dei rinvii a giudizio. Per farla funzionare, si dovrebbe introdurre l’obbligo di motivare il decreto che dispone il giudizio. Così, però, si trasformerebbe l’udienza preliminare in un primo grado di giudizio basato sugli atti di indagine, con il rischio di favorire la rinascita del sistema misto. Nella consapevolezza che il vaglio preliminare dell’accusa risulta incorreggibile nella sua disfunzionalità, c’è, piuttosto, da interrogarsi seriamente sull’opportunità della sua abolizione. Per quanto possa apparire radicale, è una soluzione che, se non altro, avvicinerebbe maggiormente la celebrazione del dibattimento, con tutte le garanzie che vi sono connesse, al momento della commissione dei fatti: un obiettivo imprescindibile se si vuole porre il modello accusatorio recepito dal nostro codice al riparo dai colpi che, sempre più di frequente, gli vengono inferti dalla prassi applicativa nel nome dell’efficienza”.

Sancire l’inappellabilità da parte del pubblico ministero;

Serve limitare la carcerazione preventiva, affinché non sia, come oggi è, anticipazione di pena nei confronti di presunti innocenti, e questo dipende anche dal Consiglio Superiore della Magistratura e della sua sezione disciplinare, che deve invece diventare imparziale e soggetta a regole precise nel valutare la responsabilità dei magistrati, in negativo ma anche in positivo, introducendo criteri di merito per valutarne la progressione della carriera;

Va contrastata la pubblicazione di intercettazioni sui mezzi di informazione, introducendo all’interno di ciascun tribunale una figura incaricata di gestire i rapporti con la stampa come avviene in Germania. È pericoloso rendere pubbliche cose prima che si sia ancora deciso chi è chi e chi sia colpevole, che magari poi non risultano vere o che magari infangano una persona che poi risulta innocente e raggirata ma che ormai per colpa dei giornali, ha perso la propria reputazione, ecc. Ovviamente verranno introdotte anche pene severe per i mezzi di informazione (anche per chi scrive info su internet) per chi scrive “proprie sentenze” riguardo tali cause e pubblica informazioni che non dovrebbe).

GIUSTIZIA COMMERCIALE

GIUSTIZIA COMMERCIALE

Come fatto in molti Paesi esteri, e come ci consiglia di fare anche la Banca Mondiale, serve creare un tribunale apposito che tratti solo ed esclusivamente di cause COMMERCIALI. Con giudici dedicati a dirimere controversie tra imprese, professionisti e clienti, e che non facciano altro che quello tutto il giorno.

Questo aiuterebbe a velocizzare di molto le cause commerciali, la cui lentezza attuale, spesso pregiudica l’economia nazionale, fa perdere posti di lavoro, fa chiudere aziende, ecc.

Ovvio, anche qui, sarà d’obbligo inserire dapprima un’arbitrato che provi a risolvere la questione senza dover iniziare un processo ufficiale. Ma se proprio dovrà per forza cominciare (perché le parti non riescono a mettersi d’accordo prima durante l’arbitrato obbligatorio), almeno troveranno una giustizia dedicata, preferenziale e diretta.

PER LA GIUSTIZIA TRIBUTARIA

PER LA GIUSTIZIA TRIBUTARIA

Anche la giustizia tributaria va riformata. La questione è molto importante in quanto da essa dipendono spesso le sorti di aziende, persone e famiglie, eppure è affidata a giudici “part-time” che dipendono direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, da cui ovviamente dipende anche l’Agenzia delle Entrate. Spesso, ciò che ne consegue è una scarsissima qualità delle sentenze, che a sua volta è la principale causa dell’intasamento cronico della sezione tributaria della Cassazione (i cui giudici, peraltro, hanno spesso passato la vita ad occuparsi di altri ambiti del diritto). Per non parlare dei poteri dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza nelle fasi di verifica ed accertamento delle imposte, “sproporzionati”, per usare in eufemismo, rispetto ai diritti dei contribuenti. Si pensi ai molteplici accertamenti tributari basati su presunzioni a favore del fisco (redditometro, studi di settore, presunzione di evasione per attività detenute all’estero, accertamenti bancari), per contrastare i quali il contribuente si sente spesso chiamato a fornire prove diaboliche sulla base di un utilizzo forsennato dell’onere della prova. Per questo motivo va riformata e noi proponiamo di:

  • Istituire una magistratura tributaria di merito, interamente professionalizzata e a tempo pieno, soggetta al ministero della giustizia e non più a quello dell’economia, per rafforzarne la terzietà. Questo contribuirebbe tra l’altro a dare più giustizia ed equità anche per il fatto che i giudici sarebbero autonomi e soltanto giudicanti e non come adesso che nelle commissioni tributarie nel gruppo dei giudici chiamati a decidere, spesso c’è anche un componente che invece è il pubblico ministero che porta avanti l’accusa (e magari è stato colui che ha fatto agire la Guardia di Finanza in determinati modi), quindi in alcune situazioni porta a conflitti di interessi;
  • L’esclusione dell’Agenzia delle Entrate del potere di ricorrere in Cassazione nei casi di doppio giudizio di merito favorevole al contribuente. Se i giudici per ben due volte hanno dato favore al contribuente, che motivo c’è per la pubblica amministrazione tributaria, di accanirsi e provarle tutte andando a intasare la Cassazione?
  • Radicali modifiche delle norme che regolano la fase di accertamento delle imposte da parte dell’Agenzia delle Entrate e di verifica da parte della Guardia di Finanza, o della stessa Agenzia, eliminando le presunzioni a favore del fisco. Bisogna smetterla col “colpevole fino a prova contraria, dove l’Agenzia e la Finanza, a prescindere, senza manco conoscerti pensano che tu sia sempre colpevole e che ti devi difendere come un matto.
    • L’equiparazione della misura degli interessi tributari a favore dell’erario e a favore dei contribuenti, oggi sbilanciata a favore dell’erario;
  • Spesso nella realtà dei fatti, questi comportamenti non sono altro che scelte dei dirigenti e dei politici, in modo da raccogliere più soldi possibile dai contribuenti, in modo da convincerli a transare e pagare una somma inferiore a quello che dicono;
  • il contribuente dovrebbe pagare se perdesse il processo (che è costoso e dura anni). Spesso, purtroppo, questo sistema si comporta come un racket per estorcere denaro, portando paura e sfinimento al contribuente.
  • Eliminare gli “obiettivi di budget” degli importi accertati e verificati dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza;
  • L’applicabilità della sanzione penale solo in casi di reati tributari connotati da condotte
  • particolarmente offensive, (limitando invece l’applicazione delle sole sanzioni amministrative agli altri casi) e il superamento del “doppio binario” in materia penale tributaria; 

PER LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

PER LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

E’ opportuno favorire la maggiore specializzazione anche del giudice amministrativo, creando sezioni specializzate, specie in materia di energia e nei vari settori del diritto pubblico dell’economia;

E’ opportuno introdurre rispetto al processo amministrativo delle forme di Alternative Dispute Resolution, sia nella forma dei ricorsi amministrativi preventivi sia in quelle già presenti in altri ordinamenti dell’Unione Europea, al fine di deflazionare il processo amministrativo e fornire alla pubblica amministrazione nei casi controversi una indicazione autorevole e imparziale preventiva;

Tutti questi principi verranno applicati a tutta la magistratura, anche a quella amministrativa. I TAR purtroppo sono spesso più intoppo burocratico mentre dovrebbero tornare a svolgere una funzione di semplice controllo fisiologico della legalità dell’operato della pubblica amministrazione, oggi impedito tra l’altro anche dagli alti costi dei processi, specialmente in materia di appalti.

RIFORMA DEL TAR

RIFORMA DEL TAR

Da un’intervista fatta da AGI il 19 febbraio 2019, da Gian Franco Coppola, al Presidente del TAR del Lazio Carmine Volpe (Fonte: https://www.agi.it/cronaca/tar_lazio_intervista_carmine_volpe-5025385/news/2019-02-19/)

“In Europa – spiega Volpe – solo il Tar del Lazio assume un ruolo così significativo e rilevante, è quasi il ‘crocevia’ di tutta la giustizia amministrativa italiana di primo grado. In questa cornice il Tar del Lazio svolge anche un ruolo rilevante nell’integrazione degli ordinamenti giuridici degli Stati membri dell’Unione, nell’emersione dei diritti dei cittadini a livello europeo e nella tutela dei diritti fondamentali, elevando i principi costituzionali a principi europei e dando il proprio contributo nell’assicurare la conformità del diritto interno al diritto europeo.

Diciamo subito che questo Tar riceve quasi un terzo (il 31,07%) dei ricorsi in entrata davanti al giudice amministrativo di primo grado rispetto all’intero panorama nazionale, con un incremento del 3,46% rispetto al 27,61% del 2017.

“La sentenza n. 500/2019 a cui ho accennato è stata definita sulla stampa ‘rivoluzionaria’. Ma la vera rivoluzione ci sarà quando sarà introdotto il giudice monocratico di primo grado, quando il Tar del Lazio non deciderà sempre e comunque su tutto, e quando saranno previste efficaci forme di risoluzione alternative delle controversie amministrative. Al contempo, le pendenze dovranno diminuire entro limiti tollerabili e l’organico di magistratura e dei funzionari di questo Tribunale dovrà essere coperto del tutto. Solo a quel punto, con i tempi del giudizio più contenuti e maggiore certezza del diritto, l’istituzione Tar del Lazio potrà svolgere a pieno il ruolo che le compete nella tutela dei diritti dei cittadini”.

dobbiamo fare i conti con una scopertura di organico pari al 30,2%. Attualmente in servizio presso questo Tribunale siamo 60 (di cui 3 presidenti), quando in organico sono previsti 86 magistrati, ed è lo stesso numero (60) che esisteva al primo gennaio 2015. Emblematica è la situazione della sezione III esterna del Tar del Lazio, che da anni introita più ricorsi di tutti gli altri Tar ed è composta solo di quattro sezioni interne a differenza del Tar Campania, sede di Napoli, che ha otto sezioni interne. E poi siamo a corto di personale amministrativo: abbiamo solo 26 funzionari amministrativi quando in organico dovrebbero essere 37″.

Il funzionamento del TAR è di fondamentale importanza, perché spesso è lui la fonte dei rallentamenti nei lavori pubblici, o del blocco di certi settori dell’economia, ecc.

Quindi in primis, verrà rimpolpato con tutto l’organico di cui ha bisogno (usando il miliardo di euro che metteremo come fondo per i tribunali e la giustizia italiana). Ma la riforma non si ferma solo al mero apporto economico.

Come dice anche Fabio Mattei (Presidente del TAR del Lazio) RESPONSABILIZZARE

GLI AVVOCATI nel suo articolo sul IlSole24Ore (Fonte: https://www.ilsole24ore.com/art/riforma-tar-proposta-personale-rigore-e-concorso-unico–ABIavNdB):

Serve un vero cambiamento. Una rivoluzione copernicana che metta al riparo dalle onde distruttive della demagogia i diritti e le stesse istituzioni che ne garantiscono una efficacia tutela nel nostro Paese. Urge un processo riformatore che consenta ai Tar di essere sempre più presidi efficaci di prossimità di tutela di diritti, potenziando il personale, modificando le modalità di accesso e selezione, semplificando il disciplinare. I primi a voler che si faccia giustizia, chiarezza, pulizia, è l’Anma, la maggiore associazione del settore e, soprattutto, la comunità stessa dei togati italiani. Ma attenzione: non possono essere pretesti per una caccia alle streghe, o per sopprimere la giustizia amministrativa. In Italia, da troppi anni, infatti, le polemiche contro i Tar si sono trasformate in attacchi all’indipendenza stessa della magistratura amministrativa, che è, ed è bene ricordarlo, l’unico presidio costituzionale per la tutela di cittadini e imprese dagli abusi della pubblica amministrazione. Veniamo da molte, troppe, campagne contro questo settore strategico del sistema giustizia senza mai affrontare i veri problemi del settore e del nostro Paese. Tra questi, in questa sede, ne citiamo due: la giungla normativa e i conflitti generati dal rapporto con la legislazione europea. E chiaramente il combinato disposto tra questi due fattori in settori strategici come le opere pubbliche o l’ambiente.

Si propone quindi:

Due sono le direttrici sulle quali costruire una riforma del settore: più personale, ma anche una maggiore responsabilizzazione della pubblica amministrazione. Altro tassello, intervenire sul procedimento disciplinare, potenziandolo e razionalizzandolo, senza modificare la composizione dell’Organo di autogoverno della giustizia amministrativa, e nel rispetto della rappresentatività delle componenti magistratuali.

Una prima risposta, urgente, a fronte di casi isolati di mala praxis, o corruzione, che rischiano però di compromettere l’immagine di tutta la magistratura amministrativa. Infine, ma premessa necessaria per questa storico processo di modernizzazione: una riforma ordinamentale che preveda un ruolo unico e un concorso unico di accesso alla giustizia amministrativa. Così da chiudere anacronistiche e superate anomalie ordinamentali interne alla giustizia amministrativa, che la distanziano ingiustificatamente dalle altre magistrature.

RESPONSABILIZZARE GLI AVVOCATI

RESPONSABILIZZARE GLI AVVOCATI

«Oggi tutti propongono i ricorsi e si perde un sacco di tempo. La sanzione pecuniaria, 2- 6mila euro a imputato, non spaventa nessuno. Anzi, non la paga quasi nessuno: lo Stato incassa solo il 4%, perché gran parte degli imputati non dichiara redditi né ha beni al sole. Basterebbe rendere responsabile in solido l’avvocato. Così, quando il cliente gli chiede di ricorrere, l’avvocato gli fa depositare fino a 6 mila euro nel conto dello studio, e poi, in caso di inammissibilità del ricorso, verserà lui la somma al posto del cliente».

E’ una delle proposte di Piercamillo Davigo, presidente della II Sezione Penale presso la Corte suprema di Cassazione e membro togato del Consiglio superiore della magistratura, che ha lanciato da un un’intervista a Il Fatto Quotidiano Inoltre suggerisce Davigo, «nei Paesi di Common Law, c’è il reato di oltraggio alla Corte per chi fa perdere tempo inutile. Basterebbe consentire al giudice di valutare anche le impugnazioni meramente dilatorie per aumentare la pena». In più: nei processi civili inserire la possibilità di condannare per lite temeraria anche l’avvocato e non solo il cliente.

«Altra cosa prosegue – per legge, può emettere la sentenza solo il giudice che ha acquisito personalmente tutte le prove. Se un membro del collegio va in maternità o in pensione o viene trasferito, a richiesta della difesa bisogna riacquisire tutte le prove, anche se ora le Sezioni Unite della Cassazione hanno tentato di arginare questa prassi insensata». «Io rivedrei il patrocinio gratuito a spese dello Stato per i non abbienti – propone poi Davigo – La non abbienza è una categoria fantasiosa, perché molti imputati risultano nullatenenti. Così lo Stato paga i loro avvocati a piè di lista per tutti gli atti compiuti, e quelli compiono più atti possibile per aumentare la parcella. Molto meglio fissare un forfait una tantum secondo i tipi di processo».

Se uno vive di delinquenza o non ha una casa di proprietà o nemmeno un auto e non ha un lavoro bisogna dargli patrocinio gratuito, se ha lavoro e/o un auto e/o una casa di proprietà allora un forfait 50-50 (che non paga in caso di vittoria della causa).

 

LE 10 PROPOSTE DEI NOTAI

LE 10 PROPOSTE DEI NOTAI

Federnotai, il sindacato nazionale dei Notai, tramite il loro organo ufficiale di Stampa Federnotizie, propone alcuni punti di riforma che contribuirebbero a semplificare, velocizzare e migliorare alcune situazioni di rilievo giuridico, economico, burocratico.

  • Per contribuire allo snellimento della giustizia e al risparmio della P.A.: devoluzione al notaio del compito di valutare l’esistenza delle condizioni previste dalla legge per il compimento di atti da parte degli incapaci (fatta salva la possibilità di ricorrere al giudice);
  • Per contribuire alla lotta all’illegalità favorendo la trasparenza delle transazioni: Tracciabilità dei corrispettivi e obbligatorietà dell’indicazione dei mezzi di pagamento per ogni atto notarile (e non solo per quelli immobiliari), e accesso alle banche dati pubbliche (per es. anagrafe tributaria) per controlli antiriciclaggio;
  • Per contribuire alla semplificazione e all’equità fiscale: applicabilità del prezzo valore (sotto forma di credito di imposta) anche per le cessioni di fabbricati soggetti ad IVA che consentirebbe anche nell’ambito di tali contratti di favorire l’emersione del reale valore del bene, con evidenti vantaggi anche dell’amministrazione finanziaria ed eliminazione delle diverse imposte (ipotecarie, catastali e di bollo) ed accorpamento in un unica imposta;
  • Modifiche alla disciplina del patto di famiglia per favorire il passaggio generazionale d’impresa: la proposta del notariato mira a rimuovere i limiti, anche fiscali, attuali di tale istituto e a renderlo completamente fruibile;
  • Riforma di alcune norme della successione necessaria per favorire la circolazione degli immobili;
  • Accordi prematrimoniali: si intende ampliare il contenuto delle convenzioni di cui all’art. 162 c.c. riconoscendo ai coniugi la possibilità di disciplinare con atto soggetto al controllo notarile, in qualsiasi momento, anche prima di contrarre il matrimonio, i loro rapporti patrimoniali anche e specialmente nell’ottica di un’eventuale separazione personale o di un eventuale divorzio;
  • Semplificazioni per i disabili mediante l’eliminazione delle barriere burocratiche con sostituzione di strumenti elettronici (sintetizzatori vocali, puntatori oculari, videoscritture) per sostituire sottoscrizioni ed interpreti oggi necessari per soggetti con disabilità gravi;
  • Semplificazione digitale per le imprese: sottoscrizione digitale a distanza per taluni atti unilaterali d’impresa;
  • Degiurisdizionalizzazione delle Apostille necessarie per la circolazione all’estero di documenti e certificati e abolizione della condizione di reciprocità (art. 16 disp. Prel. c.c.) per agevolare gli investimenti stranieri;
  • Riordino e semplificazione delle norme in materia di edilizia residenziale pubblica (agevolata e/o convenzionata) anche ai fini del rilancio del mercato immobiliare.

LE PROPOSTE DEI MEDIATORI

LE PROPOSTE DEI MEDIATORI

Noi di Riforma e Progresso siamo grandi sostenitori della mediazione e di cercare di risolvere le controversie in maniera stragiudiziale.

Perfino ADR CENTER (il Registro organismi di mediazione Ministero della Giustizia) fa delle proposte utili aggiuntive per contribuire a velocizzare i processi (fonte: https://www.mondoadr.it/articoli/10-proposte-per-ridurre-il-numero-di-processi-e-migliorare-l%E2%80%99efficienza-della-giustizia-civile.html).

1. Trasformare il Contributo Unificato in “Cauzione per il Servizio Giustizia”.

Nell’ormai famoso rapporto Doing Business della Banca Mondiale, in Italia l’indice “Court cost” , che indica il costo del contributo unificato e di una perizia tecnica per una controversia per il recupero di un credito del valore di 50.000 euro, è stimato in 1.465 euro (il 2,9% del valore della controversia) contro una media nei Paesi dell’area Ocse di 2.303 euro pari al 4,6% del valore. Nonostante i recenti aumenti, il contributo chiesto dallo Stato per erogare il servizio giustizia è ancora ampiamente sotto la media internazionale. In realtà, il problema non è tanto del ammontare del suo costo quanto il fatto che deve essere considerato una cauzione da rimborsare in caso di vittoria a spese del soccombente. L’introduzione l’anno scorso di un contributo di appena 33 euro – incredibilmente prima era gratis – per i ricorsi alle sanzioni amministrative ha prodotto un immediato dimezzamento dei ricorsi eliminando da un giorno all’altro tutte le cause inutili di chi “ci provava”.

2. Vietare la compensazione delle spese processuali.

La pratica diffusa da parte dei giudici di compensare le spese processuali e le parcelle degli avvocati, non solo è premiante per la parte soccombente, ma ha creato un forte incentivo economico a fare causa. Occorre prevedere meccanismi automatici, e non discrezionali, che addossino al soccombente le spese di giudizio e le parcelle dei legali di controparte.

3. Estendere i meccanismi sanzionatori anche in primo grado.

Nel maxi-emendamento è stato introdotto un meccanismo sanzionatorio per l’appello e la cassazione con una condanna da € 250 a € 10.000 per la parte che ha introdotto istanze inammissibili o manifestamente infondate. Occorre estendere tale disposizione anche in primo grado applicandola anche a chi resiste indebitamente in giudizio. Se la giustizia è considerato come un servizio erogato dallo Stato, i magistrati devono essere responsabilizzati della copertura dei suoi costi. Ogni Tribunale deve avere un suo budget di costi e ricavi trasparente e pubblicato online.

4. Introdurre le tariffe a forfait e incentivare i patti di quota lite.

Il mantenimento delle tariffe minime per gli avvocati, che in ogni caso pochi rispettano, sono un falso problema. Il vero problema è la responsabilizzazione anche economica dei legali sul risultato della loro prestazione. Sicuramente una soluzione è l’introduzione del compenso a forfait, sul modello tedesco, proposto da Daniela Marchesi insieme al mantenimento dei patti di quota lite che permettono anche ai meno abbienti di rivolgersi ai migliori avvocati.

5. Cambiare il criterio di remunerazione dei giudici di pace.

Il Giudice di Pace percepisce dei compensi in base al numero di udienze effettuate e dei provvedimenti emessi, questi redditi sono cumulabili con i trattamenti pensionistici. In alcune zone d’Italia, questo criterio di remunerazione basato su “più cause, più udienze uguale più reddito” incoraggia l’allungamento dei tempi tramite la celebrazione di più udienze e scoraggia la possibilità di invito alla mediazione prevista nell’art. 5.2 del Dlgs. 28/10 (quale giudice di pace inviterà mai le parti a tentare una conciliazione se ciò corrisponde ad una diminuzione del suo reddito?). Come proposto da Daniela Marchesi per gli avvocati, anche ai Giudici di Pace si potrebbe applicare un compenso a forfait a prescindere dal numero di udienze.

6. Avviare indagini e approvare urgentemente una normativa antifrode nel settore RC Auto.

Nelle zone in cui il numero di cause di RC Auto non sono in linea con il resto d’Italia, occorre far avviare dalla Guardia di Finanza indagini approfondite per individuare eventuali truffe e reati, anche di natura fiscale. Dopo aver ascoltato le Compagnie di Assicurazioni e le Associazioni dei Consumatori (occorre un solo giorno) bisogna rafforzare e approvare il disegno di legge che da molti mesi giace in Parlamento. La posizione delle Compagnie di Assicurazione è riassunta nella recente relazione al Senato del presidente dell’ANIA. Tra i tanti, due esempi lampanti esistenti solo in Italia da eliminare immediatamente in quanto fonte di cause strumentali: la possibilità della cessione del credito del diritto al risarcimento del danno (in parole povere, il carrozziere o il professionista si compra il diritto del credito dal presunto danneggiato facendo causa all’assicurazione per un importo maggiorato del suo margine e del “rischio imprenditoriale”) e la liquidazione omnicomprensiva, inclusiva delle parcelle dei professionisti, che le Compagnie liquidano ai danneggiati fonte di possibile evasione fiscale.

7. Far diventare titolo esecutivo gli accordi sottoscritti da avvocati.

Come avviene in Francia, gli accordi tra le parti assistite dai rispettivi avvocati, previa omologa da parte dei presidenti dei Tribunali, potrebbero avere valore di titolo esecutivo. In questo modo si incentiva il negoziato diretto. Ovviamente, il tentativo di negoziazione in caso di insuccesso non vale come esperimento del tentativo di conciliazione.

8. Introdurre l’obbligatorietà della sottoscrizione di polizze di tutela legale nei settori ad alto contenzioso.

In Germania le polizze di tutela legale sono molte diffuse. Come una polizza sanitaria che copre le parcelle dei medici e i costi della clinica, la polizza di tutela legale rimborsa la parcelle del proprio legale di fiducia, le perizie tecniche e il contributo unificato.

In Italia esistono ma sono poco diffuse. Tra l’atro, pochi cittadini sanno che solitamente una polizza di tutela legale è già inserita in quella di RC auto, ma non viene attivata. Ai condomini e alle aziende, per esempio, dovrebbe essere obbligatorio la stipula di questa polizza.

9. Estendere la conciliazione a tutto il contenzioso civile.

Nei primi sei mesi di applicazione, il 52,58% degli incontri di mediazione si sono chiusi con un accordo, l’80% delle volte le parti sono stati assistiti dai loro legali. Sulla base di questi dati concreti, bisogna estendere dal 1 dicembre 2011 il tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità a tutte le controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili, alle separazioni e divorzi nonché, come avviene con successo nei paesi scandinavi, al settore penale nei reati perseguibili a querela di parte.

10. Favorire gli inviti dei giudici in mediazione.

Per smaltire l’enorme arretrato, occorre che il CSM includa nei criteri di valutazione della professionalità dei giudici un parametro che indichi il numero di cause pendenti chiuse in mediazione a seguito dell’art. 5.2 del D.Lgs. 28/10 che permette ai magistrati di invitare i litiganti in mediazione. Solo l’1% di mediazioni sono state finora delegate dai giudici.

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