RISOLVERE L'ANNOSO PROBLEMA DELL'IMMIGRAZIONE
Bloccare, arginare e combattere l'immigrazione illegale
Integrazione - Trasformare l'immigrato in risorsa
Proposte di nuovi accordi europei per la gestione dell'immigrazione
Per rimpatriare i clandestini servono accordi e diplomazia
Non tutti gli immigrati sono ignoranti senza titolo di studio, serve usarli come risorsa
Mai più hotspot pieni al collasso - prendere solo gli emigrati che ci servono
Abrogare il reato di immigrazione
RISOLVERE L’ANNOSO PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE
Come la maggioranza degli italiani, anche noi siamo contrari ad una continua immigrazione indiscriminata, forzata, illegale e degenerata, che deve essere quindi fermata e organizzata subito.
Ovvio, storicamente, dall’alba dei tempi, gli esseri umani, in ogni parte del Mondo hanno sempre conosciuto epoche di flussi migratori, per mille ragioni e motivi. E’ una cosa fisiologica e a volte obbligata da parte dell’uomo, spesso legata a ragioni di sopravvivenza, è quindi un flusso impossibile da fermare in tutto e per tutto, specie se non se ne ha il controllo diretto.
Ci sono poi trattati internazionali che obbligano (giustamente) i Paesi ad accogliere rifugiati politici, o persone perseguitate o che scappano da guerre.
Queste cose sono successe anche a noi Italiani nel corso della nostra storia d’Italia, ed è un segno di civiltà e aiuto reciproco tra esseri umani, ed è giusto che sia così.
Esiste poi un secondo tipo di immigrazione, molto più labile, soggettivo, complicato e meno giustificabile, ovvero l’immigrazione per “cercare una vita migliore, con lavoro e benessere”, i cosiddetti migranti economici.
Noi Italiani siamo stati tra i primi e più importanti Paesi al mondo ad aver sperimentato questo tipo di immigrazione. I nostri avi, bisnonni, nonni, genitori, negli ultimi 200 anni si sono visti spesso costretti ad emigrare nelle Americhe, o in vari Paesi europei, pur di lavorare e scappare dalla miseria in cui versava l’Italia dal 1800 fino alla fine della seconda guerra mondiale.
Quindi quello che vediamo oggi (africani ed asiatici che scappano da casa per emigrare in Europa e in Italia), lo abbiamo fatto esattamente uguale noi Italiani quando siamo scappati all’estero alla ricerca di una vita migliore. Navi di italiani arrivavano per esempio negli Stati Uniti, o in Brasile, e i loro Governi dell’epoca dovevano trovare una soluzione per gestire questi flussi migratori di italiani (e non solo).
Qual è la differenza di oggi rispetto a cento anni fa però? Che all’epoca si era agli inizi dello sviluppo industriale, serviva manodopera, la vita era più dura ovunque, non esistevano welfare e servizi per nessuno, non c’era la globalizzazione, si viveva con poco, si era ancora in epoca di guerre e colonialismo e non esistevano ancora tanti diritti umani da rispettare. Paesi come Brasile e Stati Uniti avevano bisogno letteralmente di abitare e colonizzare lande desolate e quindi faceva comodo avere immigrati. Allo stesso tempo faceva comodo per esempio al Belgio, avere un sacco di italiani immigrati che per pochi soldi potessero lavorare quasi come schiavi dentro alle miniere, oppure ai Francesi avere italiani a basso costo da sfruttare per lavorare duramente nelle saline (per fare lavori che un francese medio non accettava più di fare).
Si possono fare molte analogie con il passato, e vedremmo quanto uguali erano i meccanismi di oggi con quelli dell’epoca.
Ma quello che ha reso la cosa non più sostenibile oggi è che il mondo occidentale ha cambiato esigenze. L’economia è satura e cresce poco ovunque, non c’è più bisogno di molta manodopera, invenzioni e macchine hanno spesso soppiantato il lavoro dell’uomo. Abbiamo raggiunto quasi ovunque alti standard di benessere, diritti umani, Welfare e vita sociale che richiedono molte risorse e soldi che però non bastano per tutti. Il mondo si è come economicamente e socialmente “fermato”, ci sono sempre meno risorse per tutti e i più forti cercano di accaparrarsele a scapito dei più deboli.
Allo stesso tempo la globalizzazione ha aperto nuove frontiere ed opportunità ai Paesi poveri, che stanno man mano crescendo economicamente (anche se lentamente). Non ultimo, c’è un esplosione demografica in Africa ma anche in Asia, con popolazioni giovani, numerose e desiderose di una vita migliore.
Noi di Riforma e Progresso usiamo la ragione, la scienza e il buon senso per governare. Siamo consci dello stato attuale delle cose e di come va il mondo. Non siamo contrari all’immigrazione in sé, anzi, da sempre la giusta ed equilibrata immigrazione è sempre servita nella storia di vari Paesi, a portare:
– nuove idee e scambio di prospettive
– giovani per contribuire allo sviluppo socio economico e demografico (specie in Italia dove non si fanno quasi più figli)
– manodopera per lavori semplici e molto umili che gli italiani non vogliono più fare ma che qualcuno deve pur fare (ad esempio, perfino durante il lock down causa Covid-19, gli agricoltori hanno fatto fatica a trovare lavoratori stagionali italiani, pur pubblicizzandolo su tutte le TV nazionali e si sono visti come manna dal cielo i soliti migranti). Stessa cosa per le badanti, perché di solito non si trovano italiani a voler fare da badanti agli anziani? Nessuno vieta loro di farlo.
La nostra conclusione? Come dicevano i romani “In medio stat virtus” (la giusta via sta nel mezzo), ovvero è giusto perseguire una politica equilibrata. Prendere solo l’immigrazione che serve, gestirla bene, e bloccare invece l’immigrazione in più. Il troppo storpia, crea caos, confusione, squilibri, diventa difficile da gestire, e porta ad estremismi sociali, rabbia, razzismo e xenofobia (specie da parte di quelli italiani male informati e che stanno in un momento di bisogno, povertà, disoccupazione o malessere socio-economico).
Il Governo giustamente deve prima di tutto prendersi cura dei bisogni degli italiani, e solo poi, prendersi cura anche dei bisogni degli altri, senza però intaccare il benessere degli italiani stessi. La buona immigrazione è quella che arricchisce socialmente ed economicamente una Nazione, e non quella che ne crea distruzione e malfunzionamento.
Gli ultimi Governi e gli attuali politici che abbiamo in Italia hanno sempre mal gestito l’immigrazione. Anzi, taluni l’hanno spesso usata come pretesto demagogico
per creare paura e irritazione tra i cittadini e quindi conquistare momentaneo consenso su quello che, dopotutto, non è il vero e più grande problema degli italiani, come lo è invece il lavoro, il welfare carente, la giustizia, la mala politica, l’economia, ecc.
Senza contare che l’Italia, rispetto alla popolazione, pro capite, in confronto con gli altri Paesi europei, ha il più basso numero di immigrati d’Europa. E molti immigrati che arrivano in Italia dall’Africa vogliono arrivare in Germania, Svezia, Francia o Inghilterra e non fermarsi in Italia (dati Eurostat), quindi quello dell’immigrazione è un FALSO PROBLEMA.
Quello che irrita gli Italiani è la MALA GESTIONE DELL’IMMIGRAZIONE, ed è a questo che noi di Riforma e Progresso vogliamo porre rimedio.
COSA FARE PER BLOCCARE, ARGINARE L’IMMIGRAZIONE E COMBATTERE L’IMMIGRAZIONE ILLEGALE
1. CREARE IL PIU’ ALTO NUMERO POSSIBILE DI ACCORDI BILATERALI CON I PAESI AFRICANI, ASIATICI ED EXTRAEUROPEI. Senza accordi non li puoi espatriare
2. CANCELLARE IL REATO DI IMMIGRAZIONE
3. fare accordi con i governi di PARTENZA DEI MIGRANTI perché blocchino le partenze illegali
4. Incentivare politiche di sviluppo nei Paesi di provenienza
5. CREARE NUOVI ACCORDI CON I PAESI EUROPEI AFFINCHE’ CI SIA UNA CHIARA E CONTINUA COLLABORAZIONE NELLA SPARTIZIONE DEI MIGRANTI
6. Coordinarsi con polizia internazionale e servizi segreti per cercare e bloccare sul nascere le tratte di essere umani, farne arrestare i promotori, le organizzazioni criminali, i trafficanti e gli scafisti, e magari anche requisendogli (o acquistandogli) o distruggendogli barche e navigli, gommoni, ecc..
7. CONTROLLARE ANCHE LE ONG in modo da vedere se la loro attività sia davvero di aiuto e non sia, come a volte purtroppo è successo, un favoreggiamento all’immigrazione clandestina
Una volta salvati e curati gli immigrati, vanno subito sottoposti a identificazione e scremati per capire chi può chiedere diritto d’asilo e chi no. Una volta fatto ciò se non hanno diritto a rimanere vanno subito riportati casa in aereo o nave e non essere bloccati nei centri di accoglienza.
TRATTATI EUROPEI:
RIFARE IL TRATTATO DI DUBLINO AFFINCHE’ LA RESPONSABILITA’ NON RICADA DOVE ENTRANO GLI IMMIGRATI (CIOE’ ITALIA, GRECIA E SPAGNA E MALTA).
FONDI EUROPEI:
I soldi europei non devono servire solo per tenere sicuri i nostri mari, ma anche per integrare gli immigrati che hanno diritto di stare in Europa. Non si può accollare la gestione solo all’Italia dove l’Europa ci dà qualche elemosina di tanto in tanto per tenerci buoni. Allo stesso tempo ci devono essere norme certe sull’ingresso degli immigrati anche in altri Paesi. Se un immigrato vuole andare in Francia (per scelta sua o perché ha parenti o legami li), la Francia se lo deve prendere se l’immigrato ha diritto a rimanere in Europa, poi se vorrà liberarsene sarà la Francia ad arrangiarsi a fare trattati bilaterali con i Paesi del mondo per poi rispedire a casa gli immigrati (magari con fondi europei).
SERVE UN PIANO DI RIMPATRI EUROPEO E UN FONDO COMUNE:
– I costi per rispedire a casa gli immigrati che non hanno diritto a entrare in Europa dovrebbero essere pagati con fondi comuni europei ad hoc;
– L’Europa deve tramite un unico commissario europeo fare trattati bilaterali tra EU e i vari Paesi del mondo per poi spedire indietro l’immigrato irregolare a spese dell’Europa;
– Per gli immigrati regolari e che hanno diritto a rimanere in Europa, l’Europa deve dotarsi di un bilancio per pagare le spese di vita e sostentamento degli immigrati, per esempio se vogliono vivere in Italia, le spese della casa popolare/residenza, cibo, spese sanitarie, e formazione, dovrebbe pagarli l’Europa, mentre il Paese ospitante fornirebbe educazione, sanità, inserimento sociale ed integrazione.
PER RIMPATRIARE I CLANDESTINI SERVONO ACCORDI E DIPLOMAZIA
Per rimpatriare qualcuno è indispensabile che:
a) l’immigrato non goda di protezione internazionale e sia stato raggiunto da provvedimento di espulsione;
b) il Paese d’origine lo riconosca come cittadino;
c) esistano validi accordi bilaterali con il suddetto Paese.
In Europa, c’è uno Stato che è particolarmente “efficiente” quando si tratta di eseguire espulsioni di immigrati irregolari: la Svizzera. Secondo il Corriere del Ticino, nel 2017 “ne ha rispediti in patria il 56,8%, contro un tasso del 36,6% per l’Unione europea”. Qual è stata la strategia seguita dalla Svizzera in questi anni, e perché funziona meglio rispetto a quella italiana?
Come si evince da un articolo del Il Fatto Quotidiano:
Secondo i dati comunicati dal SEM a Euronews, nel 2018 sono state
3.029 le persone riammesse nel proprio paese d’origine (il 95.5% di esse attraverso voli di linea, il 4.5% attraverso charter). Considerando che nella Confederazione elvetica si stima ci siano 76mila immigrati irregolari(ultimo dato disponibile: censo 2015), i rimpatriati sul totale dei clandestini nel 2017 sono stati il 9.4%; nel 2018, il 3.9%.
Una percentuale di gran lunga superiore a quella nostrana. In Italia nel 2018 sono stati rimpatriati 6.398 persone (dato: Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute, pag. 138), ovvero l’1.2% del totale di irregolari, ovvero privi di un valido titolo di soggiorno, stimati dalla Fondazione Ismu in 533mila unità.
Nel 2017, sotto l’allora ministro dell’Interno Minniti, i rimpatri sono stati leggermente di più, 6.514.
Come si vede in un approfondimento di Milena Gabanelli sul Corriere, da dieci anni i numeri sono fluttuanti ma si mantengono sempre sullo stesso ordine di grandezza: massimo 7mila rimpatri all’anno.
Un numero di molto inferiore a coloro che hanno ricevuto il cosiddetto “foglio di via” (36mila). Se accostiamo questo dato alla diminuzione dei Rimpatri Volontari Assistiti (una modalità più efficace e meno drastica rispetto ai rimpatri forzati), risulta evidente come l’Italia abbia qualche difficoltà a implementare una efficace strategia di rimpatri degli immigrati irregolari.
SI INIZIA CON UN ACCORDO DI RIAMMISSIONE
Come descrive Mauro Palma, Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale:
Gli accordi di riammissione sono strumenti che servono a facilitare l’esecuzione di un’espulsione (da non confondere con l’accordo di Dublino, un sistema multilaterale che serve a trasferire richiedenti asilo tra Stati europei e verso lo Stato che deve valutare la richiesta d’asilo).
L’accordo di riammissione interviene dopo che è stata decisa l’espulsione di un migrante che non ha diritto a protezione internazionale né permesso di soggiorno, è presente irregolarmente sul territorio e non proviene da Paesi in cui la sua incolumità è a rischio.
Scatta una volta accertata l’identità e la nazionalità dell’immigrato ed effettuati i necessari controlli da parte delle autorità. Il diritto europeo è il quadro in cui tutti gli Stati Ue sono obbligati a muoversi e regola la materia dal 2010 (Direttiva Rimpatri): stabilisce come effettuare le espulsioni, su che basi e quali sono i diritti inalienabili delle persone da non violare. Anche la Svizzera, che è parte di Schengen, deve seguirne le indicazioni.
Gli accordi di riammissione sono materia concorrente tra Ue e Stati europei. Significa che esistono sia accordi a livello continentale – siglati tra Bruxelles e 17 Paesi (i più importanti: Turchia, Pakistan e quelli con Paesi balcanici) – sia accordi bilaterali tra Stati Ue e Stati extra-Ue. Ogni Stato Ue, può approfondire gli accordi in maniera parallela, se la cosa è prevista dalla convenzione quadro, ma in generale prevale sempre l’accordo Ue. Ad esempio, se un giorno dovessimo firmare un’intesa ufficiale con il Pakistan, quella italiana varrebbe un po’ come integrazione dell’accordo Ue a cui dovremmo comunque attenerci.
Esistono poi gli accordi bilaterali tra Paesi europei, che regolano come comportarsi – per esempio – nel caso in cui un migrante africano, a cui è stata concessa protezione internazionale dall’Italia, si rechi in Svizzera a cercare lavoro, ma questa è un’altra storia.
Leggendo un accordo di riammissione, si scopre che per la maggior parte si parla di questioni squisitamente pratiche. Per esempio, come effettuare i rimpatri (il Marocco, ad esempio, non accetta voli charter) oppure come stabilire la nazionalità di un migrante senza documenti, dato che spesso il Paese d’origine si rifiuta di riconoscerlo come suo cittadino, da cui discenderebbe l’obbligo di riaccoglierlo.
L’ACCORDO BILATERALE E’ SOLO IL PRIMO PASSO: SENZA DIPLOMAZIA SERVE A POCO
Secondo gli esperti consultati, questi accordi avvantaggiano di solito la parte che sta “a nord”, mentre tendono ad essere quantomeno capestri per i Paesi di provenienza dei migranti. Proprio per questo motivo, messa la firma sul documento, è necessario un continuo lavoro di diplomazia ex post che include incentivi, negoziazioni, contatti pratici e contropartite a livello economico.
Come sostiene il politologo Jean-Pierre Cassarino, uno dei massimi esperti in materia, “questi accordi mirano solo ad affrontare le conseguenze delle migrazioni irregolari, non le loro cause”.
“Se la riammissione è al contempo centrale (nelle relazioni esterne dei Paesi europei) e periferica (nei loro molteplici rapporti con i Paesi dell’Africa), la sua completa ed effettiva applicazione dovrebbe essere il risultato di variabili complesse, non necessariamente determinate dal bisogno o il dovere di “lottare contro l’immigrazione clandestina”. Non è quindi sufficiente che un accordo bilaterale venga concluso perché lo stesso sia applicato alla lettera o in maniera costante. “La sua applicazione deriva da un contesto di cooperazione di ampio respiro”.
Tutto è quindi parte di un puzzle largo e complesso: sta ai singoli Stati europei l’essere capaci di mantenere relazioni fruttuose con i partner e trattare ogni caso in maniera differente dagli altri. Come dice a Euronews Enrico di Pasquale, ricercatore della Fondazione Leone Moressa, “non è detto che, anche in caso di intese in essere, tutto vada liscio: bisogna negoziare per ogni persona che deve essere espulsa”.
ABROGARE IL REATO DI IMMIGRAZIONE
Il reato di “clandestinità” all’italiana da 10 anni costa molto al contribuente, fa perdere tempo ai magistrati ed è inutile.
Quasi sempre i migranti clandestini sono nullatenenti e non possono pagare l’ammenda prevista dal reato. Dagli anni in cui è in vigore, non sembra che il reato di immigrazione clandestina abbia portato a un contenimento dei numeri negli arrivi dei migranti, anzi! La questione è che i magistrati, che interrogano dei migranti appena sbarcati in Italia per indagare sugli scafisti che li hanno trasportati, sono costretti a considerare gli stessi migranti “imputati” del reato di clandestinità. Nel diritto processuale penale italiano, un imputato non ha nessun obbligo di dire la verità e si può rifiutare di rispondere alle domande dei magistrati.
Se non ci fosse il reato di clandestinità, i migranti sarebbero sentiti come testimoni o persone informate sui fatti, con l’obbligo di dire la verità e senza la possibilità di sottrarsi o depistare le indagini. Evitando di sentire il migrante come imputato lo Stato risparmia, perché non ci sono i costi del difensore di ufficio nelle fasi delle audizioni e sino alla conclusione del processo.
L’immigrazione illegale (o immigrazione clandestina o immigrazione irregolare) è l’ingresso o il soggiorno di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del paese di destinazione. Lo status degli immigrati illegali è nella maggior parte dei casi temporaneo. Può accadere che persone entrate clandestinamente, senza presentare le proprie generalità ai controlli di frontiera, riescano successivamente a sanare la loro posizione sul territorio, tramite “sanatorie” o “regolarizzazioni”. Al contrario, persone entrate legalmente sul territorio ci possono restare per un tempo superiore al previsto e diventare “irregolari” (“overstaying”, cioè soggiornanti oltre il tempo consentito), non riuscendo a rientrare nelle casistiche previste per ciascuna “sanatoria”.
Come riporta l’articolo di Paolo Lambruschi su l’Avvenire del 8 agosto 2019:
Era l’agosto del 2009 quando in Italia entrava in vigore la legge 94 che istituiva il cosiddetto reato di clandestinità. Ma fin dall’inizio, benché l’illecito avesse natura penale, non prevedeva misure l’arresto o il fermo di polizia, perché nell’ordinamento italiano sono ammesse solo per i reati che comportano una pena detentiva. E questo è un reato penale contravvenzionale, che sanziona cioè ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato con multe da 5 a 10mila euro. Di conseguenza lo straniero che entra o soggiorna illegalmente in Italia viene denunciato a piede libero e nell’intervallo di tempo che intercorre fra l’avvio dell’iter giuridico e la sua conclusione può andare dove vuole. Da irregolare o “clandestino”.
Non ci vuole molto a capire che la contravvenzione è inesigibile (un irregolare non può avere lavoro né conto corrente) e che gli imputati saranno quasi sempre contumaci. Anche la possibilità di convertire l’ammenda in espulsione è teorica a causa dell’elevato costo della sua esecuzione e della scarsità delle risorse a disposizione.
È previsto il reato in altri Stati europei? Sì, ad esempio in Gran Bretagna e Francia ad esempio. Ma c’è una differenza non da poco: negli ordinamenti francese e britannico non esiste l’obbligatorietà dell’azione penale, prevista in Italia. Un grosso nodo perché comunque la macchina della giustizia italiana deve avviarsi.
Il bilancio. Eppure dopo 18 mesi dalla sua entrata in vigore, su 172 fascicoli aperti, solo 55 erano stati definiti, e avevano portato ad appena 12 condanne, 18 patteggiamenti e quattro assoluzioni.
Dalle oltre 13mila denunce fatte dall’agosto 2009 si passò a più di 28mila nel 2012, a circa 27mila nel 2016 ad oltre 40mila nel 2017.
Risultato: tribunali intasati e poche espulsioni. Senza contare che anche la legge sull’immigrazione Bossi-Fini prevede l’espulsione degli irregolari. Sulla carta, però. In realtà abbiamo irregolari che collezionano espulsioni mai attuate. Secondo Eurostat infatti sono stati 5.615 i rimpatri di irregolari effettuati dall’Italia nel 2018, di cui appena 435 volontari. E tra il 2017 e il 2018 gli ordini di espulsione sono calati del 25,3%. Costano troppo.
Per Savio (e molte componenti del pianeta giustizia) il bilancio è insomma fallimentare. «Lo Stato non recupera i soldi e non espelle. Il provvedimento ha peggiorato la situazione finanziaria dell’apparato giudiziario senza produrre alcun effetto contenitivo. Politicamente è stato invece redditizio, inducendo buona parte dell’opinione pubblica a pensare che si ponesse un argine all’irregolarità».
Conclusione: E’ stato un provvedimento inutile fatto solo per raccogliere voti. Anzi ha perfino peggiorato la situazione:
Si è stati a un passo dalla depenalizzazione nel 2016, ma il governo non la votò perché riteneva che l’opinione pubblica non fosse pronta. Sempre nel 2016 il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti lo definì un ostacolo per le indagini sui trafficanti di esseri umani. Se i migranti sbarcati venivano denunciati diventavano infatti persone informate dei fatti e non testimoni obbligati a dire la verità. Insomma, il reato di “clandestinità” all’italiana da 10 anni costa molto al contribuente, fa perdere tempo ai magistrati ed è pressoché inutile.
INTEGRAZIONE – TRASFORMARE L’IMMIGRATO IN RISORSA
COME GESTIRE GLI IMMIGRATI CHE BISOGNA TENERSI IN ITALIA O CHE IN ITALIA CI SONO GIA’ DA ANNI MA CHE SONO IN UN “LIMBO” SOCIALE
In questo capitolo parleremo degli immigrati legali, che hanno cioè diritto a rimanere in Italia (e che per trattati internazionali siamo obbligati a tenere, sempre che essi stessi non vogliano continuare il loro viaggio in altri Paesi Europei). Vi delineiamo le nostre proposte di RIFORMA E PROGRESSO per INTEGRARE queste persone nella società italiana e per farle diventare una RISORSA per il nostro Paese, senza che creino disagi né che diventino un peso per gli italiani, anzi.
Iniziamo con alcune proposte fatte già qualche anno fa da REPORT (con Milena Gabanelli, puntata del 08/05/2016). Idee ricavate grazie a studi, al contributo di esperti e sottoposte perfino a molte forze politiche che a parole si trovavano perfino d’accordo (ma poi nessuno ha mai realizzato nulla). Un contributo di idee proponendo un progetto d’impresa per la gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo, quelli che non puoi rimandare a casa, nel rispetto dei trattati internazionali.
TRASFORMARE CASERME DISMESSE e ALTRI EDIFICI PUBBLICI ABBANDONATI COME RESIDENZA PER GLI IMMIGRATI
Si possono adibire ad alloggi, ed ad aule studio per l’apprendimento della lingua italiana e della cultura, società e vivere italiani (per far capire come si vive da noi, i nostri ideali, le nostre norme di condotta, i nostri diritti e doveri).
Per esempio le caserme dismesse anche da poco sono tantissime in Italia, hanno camere, letti, bagni, cucine, riscaldamento, ecc. tutto funzionante.
Gabanelli: Insomma non avendo alternative, perché di fatto siamo un imbuto, perché non proviamo a trasformare un problema in una opportunità. Facciamola noi l’accoglienza come dio comanda, gestione pubblica, l’Europa ci paga, supervisiona, e poi ogni paese membro si prende la sua quota: identificata e formata.
Gli spazi non ci mancano, se partiamo dall’immenso patrimonio delle caserme, proviamo a prenderne una e vedere cosa può diventare. Le camerate esistono già, e si possono modulare, dove separi la zona maschile da quella femminile. Con il cartongesso si fanno stanze più piccole per il nucleo famigliare. La mensa poi per tutti gli ospiti. Negli altri edifici ci fai le aule per i corsi di lingua italiana, inglese, tedesco e insegnare le regole della democrazia europea. Che uomini e donne sono uguali per esempio. Con obbligo di frequenza e regole severe. Poi visto che le caserme hanno spazi enormi ci puoi piazzare dei prefabbricati da utilizzare come aule, dove fare i corsi di formazione per imparare un mestiere, con l’infermeria e un medico. Tutti gli edifici ricoperti di pannelli per renderli autosufficienti, dove lo Stato, che può anche diventare fornitore di energia a costi bassi per tutti i quartieri vicini. E poi in questi luoghi a seconda della grandezza ci puoi sistemare da un minimo di 300 fino ad un migliaio di persone. E da qui dopo un massimo di 6 mesi il richiedente asilo deve uscire provvisto di uno status e un curriculum: vale a dire chi è, cosa sa fare, e che titolo di studio ha.
Allora, ipotizzando l’accoglienza di un massimo di 200.000 persone l’anno, poi tutti non saranno richiedenti asilo ovviamente, occorre identificare 400 luoghi: costo, molto approssimativo per la messa in abitabilità: 2 miliardi di euro. Da fare con provvedimenti d’urgenza, e supervisore europeo. Poi c’è un costo annuo, che è quello del personale italiano da assumere a tempo pieno: su 25.000 persone, fra insegnanti, formatori, medici, giudici dedicati a stabilire chi è richiedente asilo e chi no. E poi il costo del mantenimento, vale a dire vitto, luce, gas, riscaldamento. Costo totale annuo : 2 miliardi 200 milioni. È chiaro che noi abbiamo fatto dei conti consultandoci, però insomma un po’ a spanne, non è il nostro mestiere, però è un ordine di grandezza da cui partire. Allora, i vantaggi sarebbero tanti: intanto una percezione di maggiore sicurezza una percezione di maggiore disponibilità sociale, proprio perché in questo modo si pongono le basi per una vera integrazione, poi porta lavoro a personale italiano, all’edilizia. Allora se mettessimo in piedi in progetto di questo genere l’Europa sarebbe disponibile a fare la sua parte? Tutti i paesi membri che noi abbiamo sentito insomma erano abbastanza disponibili e il progetto invece chi lo finanzia? A maggio avevamo sentito il commissario europeo e la risposta era stata questa.
Allora insistiamo. Ma perché non provarci? La prefettura ci aveva scritto “avete fatto un ottimo lavoro, ma andateglielo a chiedere voi ai sindaci se vogliono aprire le caserme per metterci i migranti. Allora, oggi funziona così: i prefetti ai sindaci mandano i flussi così come sbarcano, gestiti in emergenza attraverso cooperative e associazioni a 30 euro a testa per un pasto, una brandina, un tetto. Fine. Ma se fosse il pubblico invece a fare tutto quello che abbiamo detto, e soltanto dopo ripartire la nostra quota in piccoli nuclei da mandare ai comuni dove di ognuno sai già chi è, che cosa sa fare, e capisce un po’ di lingua. E poi con i 30 euro ti servono per integrarli al mondo. Ora, se facessimo così, che cosa dicono i sindaci? Siamo andati a sentirne proprio tanti a partire dalla città che ha maggiori problemi in questo momento, Milano.
GIUSEPPE SALA – SINDACO DI MILANO
Son d’accordo che si dovrebbe far così perché è una via per portare appunto all’integrazione perché questi non sono flussi che l’anno prossimo non avremo più.
Abbiamo sedici strutture a Milano e siamo al massimo, ulteriori flessibilità, possibilità ripeto sono solo con per esempio ex caserme, o andiamo verso quelle soluzioni o non abbiamo altre alternative.
A Milano il punto di arrivo sta dietro la stazione centrale, in via Sammartini, in tre anni sono transitati da qui 106mila migranti. Ce la facciamo con grande fatica a gestire la situazione mettendo insieme tutto il possibile, il comune, il terzo settore, il volontariato. Quando arriviamo a 3800, 3700, 3650 iniziamo a non avere più posti e quindi i centri sono sovraffollati.
I volontari però non ce la fanno ad occuparsi di tutti i migranti e alla fine c’è chi dorme sul marciapiede, chi sotto i tunnel e chi sotto i ponti. Sarebbe molto meglio in una caserma vigilata che non per le strade, sia per loro e per la città.
A Milano circa un mese fa una ex caserma è stata aperta come centro di accoglienza per 300 richiedenti asilo, ma la sera è scattata la protesta. Quando però spieghiamo a chi è contrario la nostra idea di gestione dell’accoglienza questa è la reazione.
Domanda: Se la situazione cambiasse e le dicessero che queste persone tutti i giorni studiano italiano, imparano un mestiere fanno qualcosa e magari gli insegnanti sono italiani e questa caserma porta lavoro a 100 formatori italiani le li accetterebbe? Risposta di vari cittadini: Ma assolutamente sì! Chi non lo sarebbe? Io problemi non ne avrei però devono farlo.
Il problema è che oggi i richiedenti asilo per lo più non fanno nulla tutto il giorno, per esempio all’ex Cie di via Corelli c’è un corso d’italiano, in media dura solo 4 ore la settimana, la partecipazione è volontaria, e anche gli insegnanti sono dei volontari.
Il reportage continua poi con interviste a Sindaci e cittadini, volontari e associazioni di volontariato, Prefetti, anche a Torino, Roma, Firenze ed altre città italiane. E tutti (perfino persone che odiano avere in città immigrati gestiti alla solita maniera, che poi vanno in giro a bighellonare o delinquere o sporcare, o chiedere elemosina; e arrabbiati anche perché si danno soldi pubblici alle cooperative o ai privati per la gestione privata degli immigrati, i famosi 35 euro al giorno a persona), dicono che sarebbero super d’accordo con la proposta di gestione fatta da REPORT.
In sostanza, per riassumere: Tutti gli italiani si direbbero d’accordissimo ad utilizzare caserme dismesse, beni sequestrati alla mafia, ecc. da utilizzare come momentaneo smistamento (per esempio di 6 mesi), degli immigrati. Gestito il tutto dallo stato, con controlli, ecc.
Gli immigrati sarebbe OCCUPATI TUTTO IL GIORNO con corsi OBBLIGATORI TUTTI I GIORNI, non starebbero mai in giro a bighellonare:
corsi di lingua italiana, di cultura italiana, usi e costumi italiani, su come gli italiani vivono, le usanze, i diritti e i doveri, ecc.
Noi di Riforma e Progresso siamo d’accordissimo con una soluzione del genere. Anzi, per di più, oltre che ai corsi durante il periodo di attività obbligatorio (e gli immigrati che fanno i furbetti o non frequentano, scappano, ecc. verranno immediatamente rispediti a casa):
– VOLONTARIATO da fare nei COMUNI e nelle ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO. Saranno seguiti dai comuni, dai volontari delle associazioni, ecc. e dovranno dare una mano operativa a comuni ed associazioni (ad esempio: pulire le strade, tagliare l’erba, tinteggiare, raccogliere i rifiuti, e fare tutto quello che gli verrà chiesto da parte di comuni e associazioni di volontariato). Avranno pasti e supporto sanitario.
– Dopo qualche mese, verranno gestiti assieme al centro per l’impiego nazionale e si cercheranno aziende che li accettino come stagisti (gratuiti) per un breve periodo di tempo. Così imparano anche un mestiere. Poi man mano, verranno seguiti e inseriti ufficialmente nel mondo del lavoro.
IMPORTANTE: Il tutto verrà ovviamente gestito solo dallo Stato, quindi si smetterà di dare 35 euro al giorno per immigrato alle cooperative e ai privati o in mano agli immigrati.
Il tutto cercheremo di pagarlo con i soldi dell’Europa, che si è sempre mostrata aperta a donare fondi per queste buone cause di civiltà ed organizzazione degli immigrati, e son soldi meglio spesi piuttosto che buttarli via in missioni navali dagli scarsi risultati (e lo pagheremo usando i soldi che adesso si danno ai privati, cioè i 35 euro al giorno smetteremo di dare a loro).
Cosa molto importante è spiegare agli immigrati i nostri usi e costumi italiani, saranno obbligati a seguire anche un corso di educazione civica che spieghi loro i diritti fondamentali costituzionali di chi vive in Italia, gli usi, i diritti delle donne, ecc.
I loro figli minori, o i migranti sotto i 18 anni, saranno obbligati ad andare a scuola, e saranno per di più inseriti in corsi accelerati appositi di lingua italiana (per riuscire pian piano a stare al passo con i loro compagni di classe italiani).
NON TUTTI GLI IMMIGRATI SONO IGNORANTI SENZA TITOLO DI STUDIO
Anche se sono la minoranza, in Italia ogni anno emigrano anche un sacco di persone studiate e con titoli di studio o che facevano lavori specializzati nel loro Paese dal quale sono fuggiti.
Per esempio svariati migranti dell’est (Russi, Ucraini, Rumeni, ecc.) posseggono un titolo di studio che va dall’ingegneria, alla medicina, ecc.
Ci sono stati casi riportati dai telegiornali, di immigrati siriani che sono venuti in Italia scappando dalla Siria in guerra, che a casa loro facevano i medici, gli ingegneri, o altri lavori specializzati o con titoli di studio di alto livello.
Ecco, questi tipi di immigrati sono una grande risorsa per l’Italia, e non dovrebbero essere trattati come tutti gli altri.
Per loro, vogliamo creare una via diversa. Al momento dell’identificazione, o immigrazione legale nel nostro Paese, gli verrà richiesto titolo di studio o professione che facevano nel loro Paese, se parlano l’inglese o no, e altre domande sulle capacità tecnico-professionali.
Ovviamente si faranno anche loro come tutti gli altri, l’intero iter:
– Andranno momentaneamente a vivere nelle caserme o edifici gestiti dallo Stato
– Saranno obbligati a fare i corsi di Italiano, di educazione civica, ecc.
Poi però verranno VALUTATI da delle commissioni di esperti, per accertarsi che sappiamo effettivamente sulla materia/disciplina che dicono di possedere. Per esempio se uno è medico e non è in grado di presentare i documenti di laurea o qualche documento che attesti che lui sia effettivamente un medico o che stesse effettivamente lavorando in un ospedale nel suo Paese per esempio, verrà mandato in un università italiana di medicina, con un interprete, e verrà ESAMINATO e VALUTATO da professori medici italiani. Loro attesteranno poi la effettiva conoscenza TEORICA e PRATICA dell’individuo al quale verrà data una carta che sia una sorta di “lascia passare/via libera”, un documento che sia equiparabile ad una laurea.
Ovviamente non lo si lascerà lavorare da solo, ma verrà inserito nel percorso di specializzazione di medicina (lo stesso che iniziano i nostri ragazzi appena laureati in medicina). Avrà il suo stipendio e farà il percorso per diventare medico a tutti gli effetti come un neolaureato (così nel frattempo si impara anche la lingua).
Stessa cosa vale anche per ogni altro tipo di laurea, per chi dice di essere INGEGNERE, INFERMIERE, ARCHITETTO, o qualunque altro tipo di laurea.
VENGONO TUTTI VALUTATI DA UNIVERSITA’/SCUOLE ITALIANE e poi inseriti in un percorso di stage e/o poi lavorativo, in aziende che lavorano nel loro settore. Eventualmente se i professori/specialisti, dicono che sarebbe meglio che l’immigrato facesse anche qualche esame/corso integrativo per materie specifiche, verrà iscritto in un università/scuola per fargli tali integrazione (nel mentre comunque continua a lavorare e/o fare stage).
Stessa cosa per chi ha competenze tecniche, ad esempio, se dice che lavorava come falegname: verrà mandato a fare stage in aziende artigiane di falegnameria italiane, dove gli artigiani italiani valuteranno la loro competenza e se vorranno poi se lo terranno a lavorare trasformandolo in un lavoratore a tutti gli effetti.
MAI PIU’ AMMASSAMENTI NEGLI HOTSPOT – SMISTAMENTO IN 48 ORE
Grazie alle nostre nuove politiche fin qui esaminate:
1). Avremo in generale MENO arrivi sulle nostre coste e nei nostri confini, grazie alle politiche diplomatiche che instaureremo con gli altri Paesi;
2). Avremo un gran maggior numero di rimpatri e saranno veloci ed immediati (e se possibile pagati e gestiti dall’Unione Europea);
3). Man mano che gli immigrati arrivano negli hotspot (una volta messi in salvo), appena li si identifica e li si screma, visita e ripulisce, vengono entro 48 smistati e mandati nelle caserme ed edifici pubblici vuoti appositi e gestiti dallo Stato. Rimarranno il tempo necessario per attuare l’espatrio e rimandarli subito a casa nel loro Paese, oppure rimarranno in Italia (se ne hanno diritto) nelle caserme pubbliche e verranno inseriti nel procedimento da noi descritto “IMMIGRATI OCCUPATI A TEMPO PIENO” con corsi, volontariato, stage e poi lavoro. Ovviamente anche gli immigrati che sono in attesa di espatrio (i tempi dipendono dal tipo di Paese straniero), vengono trattati come tutti gli altri e dovranno fare corsi, stage, ecc.
Tra le altre cose questo ci permetterà di CONTROLLARE gli ingressi, il numero di immigrati e attuare una seria politica di INTEGRAZIONE al fine di tenerci in Italia immigrati che abbiano davvero intrapreso un serio percorso di integrazione sociale e che diventino un opportunità lavorativa ed economica sia per noi che per loro stessi.
Dobbiamo ricordarci che volenti o nolenti, in Italia abbiamo lavori di bassa lega, molto faticosi, spesso poco pagati, che pochissimi italiani vogliono fare, ma che sono lavori fondamentali per la nostra economia (certi lavori dell’agricoltura, delle costruzioni, o le badanti, ecc.) quindi ci servono tali immigrati, contribuiscono alla nostra economia, pagano le tasse, pagano gli affitti. Quindi NON è vero che ci rubano il lavoro! Al contempo, loro riescono a lavorare, a mantenersi la famiglia e a crearsi una vita decorosa, e per chi si comporta bene, è giusto tutelare anche i loro diritti e trattarli bene come qualsiasi altro essere umano.