RIPARARE L'OSSATURA DELL'ITALIA
LIMITARE L'USO DEGLI AUTOVELOX, ABBASSARE LE MULTE E FARLE PROGRESSIVE
RIFORMA DEL PROCEDIMENTO SUGLI APPALTI PRESSO IL TAR
RIFORMA DELLE PROCEDURE DI ASSEGNAZIONE DI APPALTI PUBBLICI E ISTITUIRE L'AGENZIA PER LA VALUTAZIONE COSTI OPERE PUBBLICHE (A.V.C.O.P.)
INVESTIRE SU TRENI E VIE D'ACQUA
INTRODURRE LA VIGNETTA E ABBASSARE LE TARIFFE IN AUTOSTRADA
INTRODURRE UBER PER I TAXISTI
CAMBIARE IL VOLTO DELLE PERIFERIE URBANE
A CASA PROPRIA OGNUNO DEVE ESSERE LIBERO DI FARE QUEL CHE VUOLE CON LA PROPRIA ABITAZIONE
L’OSSATURA DELL’ITALIA DA RIPARARE
Come il cervello umano, i muscoli, gli organi vitali hanno bisogno delle ossa per sostenersi, anche l’Italia, la sua economia, il suo tessuto economico ma anche sociale, hanno bisogno di infrastrutture e trasporti, che rendano possibile spostamenti di persone, merci, informazioni.
Con infrastrutture non si intendono solo strade e ponti, ma anche strutture strategiche come internet ad esempio. Servono trasporti pubblici efficienti, serve ristabilire l’equilibrio dell’edilizia privata.
Come scrive Confcommercio nel suo Report del 2013 “Trasporti al passo, economia ferma”: La finalità della politica economica dei trasporti consiste nell’assicurare una buona allocazione delle risorse per l’evoluzione e lo sviluppo di strumenti capaci di orientare i comportamenti degli operatori e degli utenti dei trasporti, al fine dell’ efficienza del sistema.
La politica dei trasporti impatta significativamente su ambiti e beni collettivi quali le finanze pubbliche, la sicurezza, lo sviluppo territoriale, la tutela ambientale, la qualità della vita.
Alcuni elementi che hanno caratterizzato, nel tempo, la Politica dei Trasporti in Italia sono stati:
In questo quadro generale, la domanda di trasporto non è stata governata e diretta verso modalità in grado di sviluppare economie di scala. I disordinati processi di urbanizzazione e di diffusione dello sviluppo economico, sono, infatti, avvenuti, in assenza di adeguati investimenti nei settori che producono i trasporti a costi unitari decrescenti (ferrovie, metropolitane) e nelle infrastrutture di raccolta e organizzazione del traffico merci (centri merci, interporti, piattaforme logistiche).
Si sono, così, operate in tema di trasporti, scelte che hanno prodotto costi sociali elevatissimi ed una distorsione del sistema di difficile correzione, che continuerà a determinare forti diseconomie, se non saranno adottate decisioni secondo le priorità proprie della politica economica dei trasporti. Nel frattempo il sistema generale della mobilità denota segni di “collasso”.
In alcuni casi è migliorata l’ accessibilità dei territori tra nodi ma è peggiorata quella di scala provinciale sia viaggiatori che merci. La scarsa capacità di governo interistituzionale, il mancato coordinamento tra Governo centrale, Regioni, Province e Comuni non ha consentito di generare efficaci sinergie di sistema, compromettendo notevolmente il passaggio dei flussi di traffico dai nodi principali alle reti secondarie.
Di contro, la moderna politica dei trasporti considera più correttamente i diversi modi di trasporto non sostitutivi, ma complementari attraverso la loro integrazione organizzativa e funzionale.
La sotto dotazione dei sistemi di trasporto di massa (su ferro e su gomma) e degli impianti per lo scambio dei modi (parcheggi di interscambio) è tale che il raggiungimento dello standard medio europeo richiederebbe un aumento del 300% nell’estensione delle reti metropolitane e del 40% del parco autobus, oltre alla sostituzione di circa il 40% degli autobus che hanno più di 10 anni. Queste problematiche irrisolte, sul versante del trasporto passeggeri in ambito urbano metropolitano, hanno finito per appesantire anche l’efficienza della distribuzione urbana delle merci, generando conflitti d’uso di reti ed aree di sosta, che le amministrazioni locali sono tendenzialmente portate ad affrontare nella logica dell’emergenza ambientale, con effetti penalizzanti sulla sostenibilità economica degli assetti distributivi.
Secondo un recente studio condotto dal Dipartimento dei Trasporti della California, che ha classificato 66 città di tutto il mondo in base alla “Performance di mobilità” stimata in base a 11 parametri inerenti il sistema dei trasporti, Milano e soprattutto Roma sono risultate significativamente indietro, con valori più bassi della media del campione e della media delle città Europee.
La concertazione delle scelte: circoscrivere il contenzioso potenziare la condivisione e il coordinamento
Un Piano da sviluppare attraverso il confronto e la concertazione con i diversi stakeholder, che dovrebbe poter contare, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, su una struttura di coordinamento vincolante delle scelte complessivamente impattanti sul settore (infrastrutture, Trasporti, Energia, Sicurezza, Ambiente, etc): una Consulta Generale per l’Autotrasporto e la logistica – inopinatamente abrogata per effetto del D.L. 95/2012 (Spending review) SERVE RIATTIVARLA E POTENZIARLA
Nel settore dei trasporti, la mancanza di una chiara e funzionale ripartizione delle competenze Istituzionali per un efficace governo del sistema, la sovrapposizione di normative generate da iniziative estemporanee, adottate, spesso, in assenza di un quadro organico di riferimento, la presenza di una pluralità di soggetti con interessi divergenti hanno finito con il far crescere oltre misura il contenzioso giuridico.
Revisione titolo V Costituzione
In questa prospettiva, sarebbe sicuramente un elemento facilitatore dell’unitarietà della direzione di marcia una revisione della ripartizione delle competenze in materia tra Stato centrale e Regioni che riduca il rischio di sovrapposizioni e incongruenze.
Molti problemi in questo settore provengono appunto da una mancanza di chiarezza e trasparenza tra chi deve fare cosa (tra Stato e Regioni).
Però intanto, lo Stato dovrebbe iniziare a migliorare i servizi per quanto riguarda le sue competenza in materia di trasporti.
INTRODURRE UBER PER I TAXISTI
Uber in molti Paesi esteri è legale e funziona bene, e molti italiani usano i suoi servizi quando vanno all’estero perché, diciamolo, è comodo, è alternativo, è efficiente, è pratico e più sicuro (da frodi o fregature sui costi).
L’Italia è uno di quei Paesi dove la lobby dei tassisti è riuscita a renderlo illegale. Noi non vogliamo, per il momento, legalizzare Uber (o altri simili), ma vogliamo far capire alla comunità e ai tassisti, che può diventare invece un’opportunità anche per loro.
In alcuni Paesi, come ad esempio la Turchia, Uber è illegale per i non tassisti ma è legale e viene usato in maniera molto proficua dai tassisti di professione (con licenza).
L’obiettivo è unire l’utile al dilettevole, ovvero, usare la praticità, l’efficienza e la sicurezza di Uber (o di App simili) e collegarla alla professionalità dei tassisti certificati.
Semplificando, oggi in Italia generalmente si può dire che il sistema organizzativo e gestorio dei taxi italiani è caotico e poco funzionale. Si fa fatica a trovare un taxi, ci sono mille numeri da chiamare, non sai a chi rivolgerti per trovarne, devi fare varie ricerche online, non sai se li trovi specie in certe ore della notte, non sai se ti puoi fidare del tassista (perché devi pagarlo in cash o con la carta ma dentro il taxi e senza sapere quanto ti costerà). Magari non conosci la zona esatta dove farti venire a prendere, o dove aspettarlo, non sai quando arriva e dove si trova, non sai quanto costerà la corsa prima che arrivi a destinazione. Non c’è un sistema di valutazione della qualità del servizio offerto dai tassisti. Si potrebbero fare altri esempi, ma passiamo invece anche nel lato dei tassisti, una app come Uber permette ai tassisti di farsi trovare, avere più clienti, permette di non fare giri a vuoto, permette di essere sicuri di farsi pagare (perché l’utente paga tramite la app), ecc ecc..
Quindi vogliamo fare l’esperimento di obbligare i tassisti ad organizzare il proprio lavoro usando anche Uber, un sistema tracciato, tracciabile, sicuro per entrambe le parti (cliente e tassista).
RIEQUILIBRARE IL BOLLO AUTO
Ad oggi in Italia c’è il paradosso che chi compra un auto nuova, ad esempio Euro 6, paga più tasse, rispetto ad un Euro 0 (quando ancora era legale). Se si vuole inquinare meno, se si vuole incentivare le persone a cambiare auto in modo da inquinare meno, avere più modernità ed efficienza e aiutare anche il settore automobilistico a crescere nel mercato serve invertire le tendenze.
Sia nel settore dei veicoli privati sia in quelli per il lavoro, serve aggiustare i bolli auto, aumentando le tasse rispetto agli attuali livelli di tassazione a chi possiede auto più vecchie (a scaglioni, chi ha un Euro 3 pagherà di più di chi possiede un Euro 4, a sua volta l’Euro 4 costerà di più dell’Euro 5 e così via).
Serve invece abbassare fino quasi a toglierli, i bolli per chi acquista auto nuove (es. Euro 6). Questo incentiva gli acquisti di nuove auto e quindi di auto moderne, che richiedono meno carburante e che inquinano meno.
LIMITARE L’USO DEGLI AUTOVELOX E CONTROLLARNE LA LEGITTIMA INSTALLAZIONE
Noi di Riforma e Progresso siamo contrari all’usanza che hanno molti Comuni e Amministrazioni Locali, di “fare cassa” ed estorcere denaro agli automobilisti con “trucchetti” che si fanno passare per “controllo della sicurezza”.
Sappiamo tutti che gran parte dei limitatori di velocità o delle telecamere che scattano col semaforo rosso (dopo un giallo che spesso dura appositamente poco), spesso sono installati per fare cassa.
Altre volte invece li si installano in luoghi inutili (specie per fare cassa) oppure si installano in molte zone ma non funzionano (perché vengono attivati saltuariamente) e quindi molto spesso, gli automobilisti della zona lo imparano e alla fine guidano come se non ci fossero.
NOSTRA PROPOSTA: FAR VOTARE I CITTADINI PER DECIDERE SE INSTALLARE UN AUTOVELOX DI QUALUNQUE TIPO, IN UN QUALUNQUE LUOGO E ANCHE PER DECIDERE QUANTO DEVE DURARE IL GIALLO AI SEMAFORI
Non vogliamo che siano i Comuni a poter scegliere da soli dove installare i limitatori di velocità, le telecamere che scattano quando viene il rosso al semaforo, ecc. Vogliamo che la cittadinanza sia chiamata a decidere le proposte dei pubblici amministratori.
La votazione deve essere aperta a tutti i cittadini residenti nel territorio comunale, può essere fatta in vari modi, o chiamando al voto (stile referendum) e far votare tramite schede cartacee, oppure organizzare una votazione online, oppure organizzare una votazione durante una seduta apposita in una sala consigliare del municipio, o in altri modi, affinché i cittadini si possano esprimere in qualunque modo possibile.
Eventualmente il Comune può attendere e far votare su più decisioni, il voto non richiede quorum, se ci sono più SI vincono i SI, se invece ci sono più NO vincono i NO.
Il comune deve far sapere alla cittadinanza e pubblicizzare in ogni modo e con preavviso, che tipo di aggeggi intende installare, quanti, come e dove, distanze, a quanto ammontano le multe ecc. (l’ammontare delle multe non è però oggetto di votazione).
I cittadini sono liberi di portare richieste scritte su eventuali modifiche. Se un cittadino vuole mettere un limitatore di velocità vicino casa sua, presso la via dove sorge la sua abitazione, dovrà farne richiesta scritta al Comune e sarà poi messa ai voti come avviene per le decisioni espresse dal comune.
Stessa cosa serve fare per i DOSSI, dove in molti comuni vengono fatti male, fuori norma e pericolosi, e a volte ne vengono perfino fatti troppi inutilmente. Oltre a fare una normativa che indichi come si devono fare i dossi, faremo sì che i comuni a proprie spese distruggano i dossi NON A NORMA che hanno costruito fino ad adesso. Per poterli rifare eventualmente, ovviamente a norma, nello stesso punto, saranno però costretti a chiederne preventivo permesso ai cittadini tramite votazione.
MULTE PROGRESSIVE
Appena saremo al Governo, per legge, diminuiremo del 70% l’ammontare di qualunque tipo di “multa” che proviene da macchinari elettronici (autovelox, tutor autostradale, telecamere semaforiche, ecc.). Quindi non importa quanto sia la somma decisa dalle amministrazioni locali assieme alle Polizie locali ecc. in automatico le somme dovranno essere ridotte a tutti da quel momento in poi del 70%.
Questo primo passo serve per preparare con calma, la seconda nostra nuova riforma del sistema delle MULTE STRADALI. Vogliamo introdurre anche in Italia il sistema che vige in molti Paesi (ad esempio in Finlandia), dove SI PAGA A SECONDA DEL PROPRIO REDDITO. Ogni veicolo è registrato, ogni automobilista ha la sua patente, lo Stato ha i suoi dati, e tali dati vengono ogni volta controllati per esempio anche quando una volante di Polizia o Carabinieri ti ferma per farti un controllo. LE MULTE VERRANNO CALIBRATE A SECONDA DEL TIPO DI REDDITO DELLA PERSONA CHE PRENDE LA MULTA (o che guida il veicolo). Oltre a ciò creeremo un INDICE DI SCAGLIONI SU QUANTO AUMENTANO LE MULTE A SECONDA DELL’INFRAZIONE.
Per fare un esempio pratico:
Se il limite è 50 Km/h per legge attualmente, si è “salvi” e non scatta la multa fino ai 55 Km/h e l’eccesso di velocità scatta dal 56 Kh/h in poi.
Se il conducente viaggiava ai 60 Km/h (e quindi era in eccesso di velocità di 5 Km/h), non è giusto che paghi tanto quanto un’altra persona che invece nello stesso tratto viaggiava ai 100 Km/h! Quindi secondo noi, ogni 10 Km/h di differenza deve scattare una differenza, ed aumento di tariffa della multa.
Ma non è tutto, queste “tariffe” saranno poi “personalizzate” a seconda del reddito del conducente multato. Se tale persona ha un reddito annuale di 10.000 euro pagherà un tot (molto basso), se invece ha un reddito per esempio di 150.000 euro pagherà in proporzione di più dell’altro (a parità di infrazione).
RIFORMA DEL PROCEDIMENTO SUGLI APPALTI PRESSO IL TAR
DIVIETO DI SOSPENSIONE E DI BLOCCO DI QUALUNQUE ATTIVITA’ ACCOLTA DAL TAR,
DIVIETO QUINDI DELLA SOSPENSIVA
Molto spesso le opere pubbliche in Italia si rallentano o bloccano per anni a causa delle ditte che hanno perso l’appalto pubblico, in quanto queste fanno causa alla ditta vincitrice che sta facendo i lavori, e i lavori si bloccano finché non si giunge a sentenza finale (dopo anni). Secondo noi questo sistema (che ormai è diventato una prassi, va cambiato! Un’opera pubblica, una volta iniziata, deve proseguire normalmente, poi nel frattempo il processo tra le parti in causa andrà comunque avanti finché non si arriva a sentenza definitiva del Consiglio di Stato, ma l’opera deve prosegue nei lavori!
In Italia, oggi, quasi sempre, qualunque lavoro pubblico (o provvedimento pubblico locale molto spesso), di prassi, viene bloccato: un’autostrada, un ponte, un centro commerciale, o anche un provvedimento di un università, qualsiasi cosa! Se qualcuno anche l’unico bastian contrario tra mille, per motivi personali e spesso pretenziosi, può bloccare lavori e provvedimenti (se tale persona abbia ragione o no lo deciderà il TAR e il CONSIGLIO DI STATO). Se il TAR accoglie il ricorso (cioè dice che tale ricorso vale la pena ascoltarlo e portarlo a processo) BLOCCA SUBITO TUTTO. E come si sa, in Italia i procedimenti durano anni, e i lavori, i cantieri, si bloccano per anni, spesso rovinandosi e facendo perdere soldi e tempo prezioso extra, e gli investimenti in Italia calano anche per questo motivo. Ma non solo costruzioni, tutto quello che ha a che fare con l’amministrativo, anche decreti attuativi del governo o semplici decisioni di alcuni enti pubblici come per esempio l’università (vedi ad esempio il caso del Politecnico di Milano, che nel 2013 voleva estendere la lingua inglese a tutti i corsi delle lauree magistrali e dei dottorati, per rispondere sia alle esigenze delle imprese sia di quelle degli studenti stessi, in modo da migliorare le proprie conoscenze tecnico linguistiche ed essere più utili nel mercato del lavoro internazionale.
Ma siccome alcuni docenti non erano d’accordo con tale provvedimento (perché magari non sapevano l’inglese e non volevamo mettersi a studiarlo o non volevano rischiare di essere spostati o rimossi perché non sanno l’inglese e farsi prendere il posto da qualcun altro) hanno fatto ricorso al TAR. Risultato: immediatamente tutto si blocca e i corsi continuano in Italiano (ancora per tanti anni avvenire finché non si arriva a sentenza definitiva).
In genere, nei lavori pubblici, sono le ditte arrivate seconde o ultime agli appalti che “automaticamente”, per prassi, e per fare un dispetto (magari sapendo pure di avere torto) fanno ricorso al TAR e il TAR di turno blocca immediatamente lavori e cantieri. Così facendo si formano migliaia di ricorsi e contro ricorsi (ma anche per piste ciclabili, o piccoli lavori pubblici locali utili al territorio). Ma i TAR bloccano solo perché qualcuno fa ricorso (per un qualunque motivo).
Prodi una volta disse che se sparissero i TAR e il CONSIGLIO DI STATO, tra risparmi e investimenti nell’economia delle costruzioni, l’Italia avrebbe un’impennata in positivo del PIL. Negli altri Paesi tali tipi di tribunali hanno poteri limitati, qui in Italia sono onnipotenti e in tal modo pregiudicano anche l’economia Italiana, e questo è inaccettabile. Il ricorso ai TAR è diventato ormai, purtroppo, uno strumento che si utilizza spesso per i propri comodi o per provare a far valere i propri interessi su quegli degli altri.
Come seconda riforma, oltre al divieto di blocco finché non si giunge a sentenza definitiva, faremo anche una norma per INTRODURRE VINCOLI DI AMMISSIBILITA’ DEI RICORSI (per fare in modo che solo i casi seri e che si basano su documenti, su prove reali, e che possono essere dimostrati con fatti e prove che è stato commesso un errore o un illecito, siano ammessi al TAR).
RIFORMA DELLE PROCEDURE DI ASSEGNAZIONE DI
APPALTI PUBBLICI
Un altro modo per velocizzare le opere pubbliche in Italia è quello delle procedure burocratiche. Abbiamo ammirato tutti il lavoro fatto per il nuovo Ponte Morandi di Genova, costruito in tempi record (soli 2 anni), ma quella è stata un eccezione, si è posto a capo del progetto un Super Commissario con poteri speciali che poteva bypassare gran parte delle normali procedure burocratiche. Noi di Riforma e Progresso vogliamo invece creare un sistema che entri nell’ordinaria amministrazione a tutti i livelli delle amministrazioni locali, in modo da avere procedure “simili” a quelle usate per il ponte Morandi, ma che siano replicabili senza “commissari straordinari” e che diventino la nuova realtà quotidiana.
Uno dei Paesi europei ritenuti più efficienti nei lavori pubblici da dove vorremmo prendere spunto per una nostra riforma è la Germania: “In Germania corsi di formazione per i funzionari pubblici e solo 4 settimane per aggiudicare le piccole opere”.
L’ordinamento tedesco si basa su un corpo di dipendenti altamente qualificato e aiuta gli enti più piccoli con centri di consulenza e il monitoraggio dell’autorità federale. Un altro punto cardine, spiega l’esperto Daniel Urso, è “la necessità di favorire il cosiddetto Mittelstand”, le piccole e medie imprese Poche leggi, molti regolamenti di attuazione e ancor più linee guida adottate a livello locale. L’ordinamento tedesco in materia di appalti è “molto tecnico e richiede un’efficace cooperazione tra figure esperte”, racconta a ilfattoquotidiano.it Daniel Urso, esperto in materia all’interno del Rechtsanwaltskanzlei Pagliaro, studio legale con sede a Colonia. Come mai allora i dati forniti dall’ABZ, il centro di consulenza della Baviera per le aziende che vogliono partecipare agli appalti, raccontano che in Germania l’iter per l’aggiudicazione di un’opera pubblica si conclude in soli quattro mesi se si parla di un appalto a livello europeo, 6-8 settimane per quelli a livello nazionale e in 3-4 settimane se si tratta di una procedura semplificata? Il segreto sta principalmente nel livello di competenza e assistenza di cui godono i piccoli enti, come quei Comuni che invece in Italia fanno lievitare i tempi della gestione degli appalti fino a due anni e mezzo per la sola progettazione e altri 7 mesi per l’assegnazione.
Il segreto sono una burocrazia e un corpo di funzionari altamente qualificati. Non esiste una sola task force centrale, ma dallo Stato federale ai singoli Länder alle autorità locali tutti si occupano della formazione e dell’aggiornamento dei propri dipendenti. “In Italia a quanto mi risulta il mestiere nelle PA si apprende dai colleghi, con il rischio connesso che venga trasmessa anche un eventuale bagaglio di ‘bad practice‘”, spiega Urso. In Germania si ha invece la cosiddetta duale Ausbildung che “garantisce l’affiancamento di insegnamenti teorici all’esperienza pratica nell’ambito di una formazione alla carriera di dipendente pubblico”.
L’impianto tedesco, oltre alla formazione dei funzionari, ha un altro elemento chiave nei servizi di consulenza su misura che vengono garantiti a seconda del tipo di pratica. E aiutano, ancora una volta, soprattutto le stazioni appaltanti più piccole. Sono stati creati, ad esempio, il Centro di competenza per gli appalti sostenibili (KNB) e il Centro di competenza per gli appalti innovativi (KOINNO), che sostengono le stazioni appaltanti a livello federale, statale e locale. Inoltre, le autorità federali hanno il compito di monitorare le procedure di appalto proprie, ma anche quelle degli enti subordinati, dai Länder ai comuni. Il monitoraggio avviene sotto forma di controllo legale e tecnico. In pratica, le autorità di Berlino svolgono una funzione di consulenza e co-esame al servizio degli enti locali. In singoli casi, dovuti a irregolarità o particolari complessità, è addirittura previsto che l’ente federale possa subentrare alla piccola amministrazione nel ruolo di stazione appaltante, anche a procedura in corso. Un altro cardine della legislazione tedesca è “la necessità di favorire il cosiddetto Mittelstand“, le piccole e medie imprese. Per rispettare questa norma, è previsto il meccanismo chiamato “scorporo per lotti” della procedura, che garantisce incarichi con importi ridotti e una percentuale di contratti vinti dalle Pmi tradizionalmente elevata, “tanto che tale interesse è legislativamente ancorato al comma 4 del Par. 97 della legge contro le limitazioni della concorrenza”, afferma Urso.
In Germania ad aprile 2016 è entrata in vigore la legge sulla modernizzazione degli appalti pubblici (Vergaberechtsmodernisierungsgesetz) che attua le direttive UE in materia. Poco più di un anno dopo, il 2 settembre 2017, è stata riformata invece la parte riguardante le gare sotto le soglie oltre le quali entra in vigore la normativa comunitaria. L’Unterschwellenvergabeordnung riporta proprio i criteri per la scelta della procedura e quindi le fattispecie che consentono l’utilizzo della procedura semplificata.
“Troviamo 17 punti: i primi sedici fanno riferimento alle caratteristiche dell’incarico, mentre solo l’ultimo fa riferimento al criterio della soglia prezzo“, spiega Urso. “La determinazione di questa soglia è però lasciata a normative dei singoli Länder, il che comporta un quadro estremamente complesso. Nel Land del Nord-Reno-Westfalia, per esempio, la soglia è fissata a 25mila euro netti, sotto i quali è consentito il ricorso alla procedura negoziata senza necessità di ulteriore motivazione”. Più del criterio del prezzo, è quindi la natura dell’incarico a far sì che si possa ricorrere o meno a una procedura semplificata.
NON E’ SOLO UNA QUESTIONE DI PREZZO
La stessa riforma del 2017 conferma come criterio per l’assegnazione di un appalto quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, “da calcolarsi sulla base del rapporto qualità-prezzo”. “Vi è una particolarità specifica tedesca, cioè il riferimento alle norme sulla determinazione dei prezzi (Preisgesetz)”, segnala Urso. Il prezzo di mercato è considerato infatti un “criterio dirimente” e un incarico può persino essere considerato nullo se il prezzo è stato stabilito “in violazione di tale normativa”. Inoltre, la legge prevede entro la fine del 2019 la completa digitalizzazione delle procedure, con un risparmio in costi burocratici stimato dal ministero dell’Economia in 3,9 miliardi di euro all’anno per le aziende e 1,8 miliardi l’anno per le amministrazioni. Contemporaneamente, la precedente riforma del 2016 ha creato le basi per lo sviluppo di una statistica nazionale sugli appalti pubblici, ancora in fase di attuazione.
Permetterà di avere in un unico database tutte le informazioni sugli appalti pubblici in Germania e “valutarne meglio il successo economico“, scrive il ministero.
In assenza di dati certi, l’ultimo monitoraggio datato 2017 relativo allo stato delle procedure di appalto, voluto dall’Ue, racconta di problematiche riguardanti la corretta applicazione della legge, ma non le tempistiche. D’altronde, una stazione appaltante, che sia un Länder o un piccolo Comune, deve sottostare a determinati vincoli temporali. Dopo la preparazione e la pubblicazione della gara, chi intende partecipare ha sei giorni di tempo per inviare la documentazione. Poi, per presentare l’offerta vera e propria, la scadenza varia dai 15 ai 52 giorni a seconda del tipo di appalto. Una volta completato da parte della stazione appaltante l’esame delle offerte ricevute, l’aggiudicazione deve avvenire in un tempo che viene definito “ragionevole“. I dati dell’ABZ traducono questa parola in un lasso di tempo che varia a seconda della procedura dalle tre settimane ai quattro mesi, in media, dalla pubblicazione della gara all’assegnazione dell’incarico.
In Germania, infine, non esiste un’unica autorità anticorruzione: l’impegno è suddiviso tra istituzioni e organismi di diritto privato. C’è il Dipartimento per la corruzione e i crimini ambientali che ha potere investigativo. Il ministro dell’Interno supervisiona invece l’operato dell’ufficio federale di polizia per i reati economici e la corruzione che ha, tra gli altri, poteri di raccomandazione e consultazione. Lavora in coordinamento con la Polizia investigativa (Bundeskriminalamt). Inoltre, esiste un Dipartimento investigativo apposito per Amburgo, la città tedesca che vanta il terzo porto più grande del mondo e il primo d’Europa. Infine, si occupa di lotta alla corruzione anche il ministero per lo Sviluppo. Nel settore privato, invece, operano le Camere di Commercio e Industria e la Federazione delle industrie tedesche.
Fonte: di Daniele Fiori | 18 DICEMBRE 2018 – Il Fatto Quotidiano (https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/18/appalti-in-germania-corsi-di-formazione-per-i-funzionari-pubblici-e-solo-4-settimane-per-aggiudicare-le-piccole-opere/4830879/)
NUOVO CODICE DEGLI APPALTI
Anche in questa prospettiva si inserisce la nostra riforma che faremo ad un Codice degli Appalti del tutto nuovo, di stampo europeo, prendendo spunto dalle migliori “best practise” dei Paesi Europei.
Lo sappiamo tutti, è troppo complesso, pieno di limitazioni, fa perdere un sacco di tempo e, come altre cose in Italia, fa di tutta l’erba un fascio, in un settore, come quello delle costruzioni pubbliche, che richiedere una flessibilità e una specializzazione territorio per territorio. Bisogna dare e far rispettare alcuni principi fondamentali uguali per tutti ovviamente. Lo Stato deve vietare alcune cose per ovvie ragioni (cioè limitare l’influenza di corruzione, organizzazioni criminali, ecc.) e dare linee guida in modo che non si inquini, non si sprechi, ecc. Però per il resto non può specificare al millimetro cosa si può e cosa non si può fare. È impossibile fare di tutta l’erba un fascio così come è impossibile coprire tutte le discipline in tutti i casi possibili in Italia. SERVONO POCHI E CHIARI PRINCIPI ai quali Regioni e Comuni devono obbligatoriamente attenersi.
INVESTIRE SUI TRENI
Collegare l’Italia al Mondo
L’Italia ha fatto passi da gigante sull’alta velocità e le nostre linee e i nostri treni veloci sono un piccolo orgoglio nazionale, tanto che li esportiamo anche in altri Paesi nel mondo. Dobbiamo continuare l’implementazione dei treni ad alta velocità in modo da coprire zone ancora scoperte, come la dorsale ADRIATICA, TIRRENA e del SUD ITALIA.
Ma non bisogna fermarsi all’alta velocità, serve riportare all’antico splendore anche la rete ferroviaria “normale” e “pendolare”.
Si parla sempre di ridurre le emissioni dei Gas Serra, l’inquinamento, il traffico sulle strade, ecc. ma poco si è fatto per le normali reti ferroviarie che rimangono ancora arretrate, con pochi treni, spesso vecchi, sporchi e sovraffollati, con poche fermate e poche linee funzionanti.
ESEGUIRE PROGETTI MAI PARTITI
In passato si sono perfino studiati alcuni progetti di rilevanza internazionale, ma alla fine mai partiti, come ad esempio il caso la linea ITALIA-SLOVENIA.
Come si evince da un articolo di Veronica Ulivieri sul Fatto Quotidiano del 2016: “Italia e Slovenia così vicine così lontane: tra Gorizia a Nova Gorica niente treni passeggeri. “Spesi nove milioni per nulla”. Circa 4 milioni spesi per progetti e studi di fattibilità, oltre 5 usati per costruire un polo logistico ferroviario: tutto inutile. “Al momento di definire i settori a cui destinare le risorse del programma, Governo e Regione hanno escluso i trasporti dalle priorità” dice la direttrice del Gruppo europeo di cooperazione dell’area (Gect-Go).
Ci sono i circa 4 milioni spesi per progetti e studi di fattibilità rimasti lettera morta, e gli oltre 5 usati per costruire un polo logistico ferroviario oggi fantasma. Al confine tra Italia e Slovenia, i sindaci di Gorizia, Nova Gorica e San Pietro Vertoiba, che speravano di veder finalmente ricuciti da un binario luoghi vicinissimi per geografia, ma separati per anni dalla storia, dovranno ancora attendere. Le loro aspettative si sono sgretolate di fronte alle scelte delle istituzioni dei due Paesi, tra cui anche governo italiano e Regione Friuli Venezia Giulia, che dopo aver investito una montagna di denaro in studi e infrastrutture, poi hanno scelto di non completare i collegamenti e spostare i fondi europei su altre priorità.
Serve poter arrivare in treno e senza troppi cambi, in tutta Europa dall’Italia. Questo aiuta anche a portare più turisti e creare un network europeo di circolazione ferroviaria.
Non solo persone ma anche le merci, per noi è fondamentale implementare il più possibile le ferrovie. Serve comprare più treni e nuovi treni per cambiare i vecchi, serve riaprire vecchie stazioni ferroviarie e vecchie vie ferrate sparse per l’Italia. Si deve essere in grado di arrivare ovunque e facilmente, magari con la connessione WI-FI in tutti i treni (anche quelli regionali).
Serve MIGLIORE ANCHE I SERVIZI SUI TRENI:
Noi di Riforma e Progresso vorremo fare anche una piccola trasformazione per quanto riguarda i treni e rendere il servizio ferroviario più efficiente e competitivo.
MAGGIORI SERVIZI E PIU’ COMFORT ALL’INTERNO DEI TRENI
COPIANDO L’ESEMPIO INGLESE
BASTA BIGLIETTI GIGANTI SPRECA CARTA E SPRECA SPAZIO:
I nuovi biglietti Trenitalia dovranno essere piccoli, della dimensione di un bancomat, NON SERVIRA’ OBLITERARLI e SI POTRANNO FARE COMODAMENTE ANCHE IN TRENO, in quanto ogni capotreno avrà una macchinetta palmare portatile appesa alla cinta, che stampa i biglietti lì sul momento, sarà collegata ad internet e gli permetterà di vedere tutti gli orari, le coincidenze e le possibilità di viaggio dei treni in tutta Italia, in modo da dare ad ogni viaggiatore qualunque informazione in tempo reale e dentro il vagone. Il costo del biglietto in treno sarà identico senza alcuna penale né sovrattassa rispetto a quello fatto alle macchinette o in biglietteria. Questo eviterà anche lunghe code, gente che perde il treno per fare il biglietto, o furbetti che salgono in treno senza biglietto o con biglietto non obliterato.
Non ci saranno più scuse!
L’utente potrà pagare con qualunque tessera, o con il cellulare usando la nuova APP PAGOTEL che inventeremo una volta al Governo, e ovviamente ci sarà possibilità di usare anche il contante.
Anche in tutti i treni regionali garantiremo 2 servizi: IL WIFI GRATUITO (nei treni nuovo e in quelli vecchi se e ove possibile) e in tutti i treni IL SERVIZIO BAR AMBULANTE. Praticamente un inserviente passerà con un carrellino mobile pieno di bevande fredde e calde, snack, panini e caffè, tè ecc. (tipo quelli che si vedono sugli aerei). Ogni utente potrà, comodamente dal proprio posto, comprare quello che vuole, anche giornali.
Sarà cura poi dell’inserviente ripassare ma con un sacco vuoto dell’immondizia, in modo che tutti possano gettare la propria immondizia senza lasciarla nei treni (o nei piccoli cestini ivi presenti). Esattamente come accade in aereo.
Verrà poi implementata l’app Trenitalia in modo che in tempo reale (oltre a fare i biglietti) si possano vedere ritardi, coincidenze, e perfino una mappa che mostra dove si trova il treno e il percorso che sta facendo.
MAGGIORI SERVIZI E PIU’ COMFORT ALL’INTERNO DEGLI AUTOBUS
Similmente a quanto faremo per i treni, anche per gli AUTOBUS il nostro Governo cercherà in tutti i modi, tra FONDI EUROPEI e INVESTIMENTI DI BANCA DEPOSITI E PRESTITI, di implementare e migliorare la quantità di Treni e di Autobus Nuovi.
Sempre nell’ottica di rafforzare il trasporto pubblico, in modo da far costare meno i trasporti alle persone rispetto all’auto privata, e far ridurre il traffico e l’inquinamento.
In concerto con le Regioni, cercheremo di standardizzare un servizio uguale ed unico in tutta Italia.
SI FARANNO I BIGLIETTI DIRETTAMENTE NEL BUS: Chiunque può entrare nel bus e fare il biglietto direttamente dal conducente, che avrà una macchinetta apposita per erogare biglietti (sia singoli che abbonamenti), si potrà pagare sia con tessere, che contanti che con la APP. Spesso in giro per l’Italia non si sa dove si possono fare i biglietti, o le biglietterie in certi orari son chiuse, ecc. Al tempo stesso, ogni utente, essendo obbligato a salire, in fila e a passare davanti l’autista dovrà esibire il biglietto o comprarlo da lui, quindi non serviranno controllori e al tempo stesso tutti quelli nel bus dovranno pagare per forza il biglietto.
Questo aumenterà le entrate derivanti dai biglietti (visto che tutti dovranno pagarli per forza altrimenti gli tocca scendere) e permetterà di migliorare il servizio autobus (spesso in perdita) di molte città, e di poter via via cambiare gli autobus con mezzi nuovi e meno inquinanti.
COLLEGARE PORTI ED AEROPORTI CON LE FERROVIE
Pochi anni fa è partito un Progresso “ULTIMO MIGLIO” che prevedeva 1 mld di euro di fondi per collegare alcuni porti italiani al sistema ferroviario. Il progetto va avanti a rilento ed è molto limitato, serve implementarlo. Atavico è il problema del porto di Genova per esempio, da sempre con un unico binario singolo quando invece gliene servirebbero ben di più.
Collegare i porti alle ferrovie renderebbe più efficiente e competitivo il sistema di trasporto delle merci, che una volta al porto possono venire caricate agilmente sulle navi dopo averle trasportate via treno (invece che soltanto dal solito camion) e viceversa.
Ma non solo i porti, vogliamo collegare anche tutti gli aeroporti in modo che si possano raggiungere in treno. Al momento i maggiori aeroporti d’Italia (Roma e Milano) sono collegati con treni che partono dal centro città. Molti altri aeroporti invece non sono collegati col treno e ci sono solo autobus.
I treni portano più gente, sono più veloci ed efficienti e hanno orari stabili e non risentono del traffico cittadino, e non ultimo, inquinano meno.
Serve recuperare più fondi europei possibili o finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti possibili per implementare le opere ferroviarie che colleghino PORTI ed AEROPORTI al sistema ferroviario nazionale.
COPIANDO IL NORD EUROPA IMPLEMENTARE IL TRASPORTO TRAMITE CANALI E VIE D’ACQUA
Sempre in un ottica di implementazione e miglioramento dell’efficienza del servizio pubblico di trasporto di persone e merci, serve copiare le buone pratiche che ci sono nei Paesi Europei, dove le vie d’acqua sono ampiamente trafficate ed utilizzate.
In Italia ci ostiniamo a muovere persone e cose principalmente tramite gomma! Questo crea gran traffico, inquinamento, costi, ecc. Come spiegato, vogliamo (e non smetteremo mai di ripeterlo) investire e implementare quanto più possibile il trasporto su ROTAIA e SU ACQUA.
Oltre a inquinare molto meno, hanno costi più bassi e tempi più veloci e maggiore carico rispetto al trasporto su gomma e molti fiumi e canali già passano in centro città.
In Francia, Olanda, Germania, Danimarca, Regno Unito e altri Paesi è molto comune far viaggiare merci e persone su battelli e piccole navi lungo fiumi e canali (anche artificiali). In Italia invece no, anzi, nel passato eravamo all’avanguardia (basti pensare ai Navigli di Milano nel medioevo, o al canale che collega Padova a Venezia fatto dai veneziani dopo il 1500 per trasportare merci, posta e persone). Per esempio c’è un progetto di implementare tale idrovia tra zona industriale di Padova e Venezia, progetto stanziato negli anni ’60 ma non ancora terminato (tanto per cambiare).
Di canali e fiumi navigabili in Italia ce ne sono un sacco, quindi ove possibile è gioco forza renderli agibili quanto prima, in modo da creare queste “metropolitane d’acqua di superficie”. Serve riattivarle e utilizzarle come si faceva in passato. Gran parte di fiumi e canali già esiste, basterebbe solo fare alcune piccole opere di implementazione, delle stazioni idroscali, metterci battelli, chiatte e traghetti e il gioco è fatto.
Creeremo un’apposita COMMISSIONE PER IL TRASPORTO SU ACQUA che mapperà tutte le possibili idrovie d’Italia, metterà in piedi progetti e studi di fattibilità, in modo da cantierare e iniziare i lavori quanto prima. Utilizzeremo sia fondi europei che investimenti di Cassa Depositi e Presiti.
MIGLIORARE AUTOSTRADE PER L’ITALIA – INTRODURRE LA VIGNETTA E ABBASSARE LE TARIFFE
Come tutti stiamo vedendo dal 2020, la gestione di autostrade italiane ha cambiato volto. Non sono nazionalizzate ma lo Stato è socio di maggioranza e quindi di fatto comanda.
Noi di Riforma e Progresso siamo contrari alla gestione che c’era (e in parte ancora c’è) sulle CONCESSIONI. Per noi serve che lo Stato abbia una parte fondamentale sulla gestione delle autostrade, mantenendo la qualità e l’efficienza che contraddistingue le nostre autostrade, ma senza farle diventare un bancomat a scapito dei cittadini (come fanno invece le ditte private concessionarie).
A parte determinate zone e casi isolati, si può dire con certezza che le autostrade italiane sono tra le migliori d’Europa, in termini di qualità, servizi, mantenimento e gestione. E’ anche vero purtroppo che sono però, come tariffe, tra le più costose d’Europa, senza contare che in quasi metà dei Paesi europei, le autostrade sono completamente gratuite.
In molti altri Paesi invece, si pagano ma a forfait e il cui costo è davvero irrisorio rispetto alle tariffa “a tratta” che abbiamo in Italia. In Austria, in Svizzera, in Slovenia per esempio, hanno un sistema “ALL YOU CAN DRIVE”, grazie alla vignetta. Paghi un tot fisso un cedolino adesivo, che scegli se di pochi giorni o mensile o annuale (in Austria il cedolino adesivo sta via via venendo rimpiazzato in quanto è entrato in funzione il sistema informatizzato che registra le targhe dei veicoli).
Secondo noi di Riforma e Progresso la “vignetta” è la soluzione migliore. E’ pratica, comoda, evita di dover fermarsi a prendere il biglietto autostradale e poi fermarsi per pagare ogni volta che si lascia l’autostrada.
Non possiamo permetterci di mettere le autostrade totalmente gratuite come in Germania e UK ad esempio, anche perché questo ci obbligherebbe ad usare le tasse di tutti per mantenere il sistema, a beneficio di chi usa le autostrade (mica tutti le usano) e poi lascerebbe le autostrade in balia ai governi che devono tagliare o trovare ogni anno i fondi dalle tasse, inficiando la qualità (manutenzione, ad oggi tra le migliori d’Europa).
La nostra idea di Riforma e Progresso è quella di creare anche in Italia il sistema basato sulla vignetta. Ad ogni casello autostradale e in edicole e bar autorizzati e anche online tramite un’apposita APP molto pratica, dove basterà inserire la propria targa, pagare in maniera elettronica e il gioco è fatto si comprerà la vignetta che potrà essere a scelta, o di 1 giorno, o 3 giorni, o 7 giorni, o 15 giorni, o 1 mese, o 6 mesi, o di 1 anno. Avranno prezzi fissi e uguali per tutti, e i prezzi verranno eventualmente aggiornati ogni inizio dell’anno successivo. I ricavi dalle vignette dovranno coprire i costi di gestione e di manutenzione dell’intera rete autostradale. Quindi ogni anno il Governo a seconda dei costi storici e degli investimenti che vorrebbe fare per aumentare e incrementare la rete autostradale, mette a budget delle somme che vengono poi spalmate sul costo delle vignette (basandoci sulla quantità di vignette comprate l’anno prima). NON CI SARANNO TASSE O RICAVI come accade adesso, quindi le tariffe verranno abbassate di molto rispetto ad adesso.
Ma la vignetta non sarà un adesivo appiccicoso come in Svizzera o Austria per esempio, sarà invece (come sta avvenendo adesso in Austria e Repubblica Ceca) “informatico” tramite riconoscimento della targa. Verrà riconosciuta la targa da una speciale telecamera posta sopra la sbarra di ogni casello, quindi l’apertura della sbarra sarà automatica. La sbarra si aprirà soltanto se si ha pagato e comprato la vignetta. Quindi si potrà entrare ed uscire dalle autostrade quanto si vuole, senza limiti e senza dover pagare ogni volta. Accesso illimitato purché all’interno del numero di giorni che si ha scelto di pagare (e la vignetta parte a contare i giorni dall’esatto momento in cui la si utilizza per la prima volta, alla prima lettura della targa al casello.
Questo sistema, oltre a far risparmiare un sacco di soldi agli automobilisti e ai trasportatori, evita di sprecare carta (rispetto a tutti i biglietti che vengono usati adesso) e diminuisce le code (non ci si deve più fermare a pagare ogni volta che si esce dall’autostrada). Un’altra cosa utile è che si riuscirà ad individuare i malviventi o auto rubate in quanto il sistema computerizzato autostradale riconoscerà appunto tutte le targhe e per le targhe ricercate oltre a dire dove sono, le bloccherà non aprendogli la sbarra (e facendo accorrere lì subito la polizia).
ISTITUIREMO L’AGENZIA PER LA VALUTAZIONE COSTI OPERE PUBBLICHE (A.V.C.O.P.)
RIDURRE I COSTI DELLE OPERE PUBBLICHE E
CONTROLLARNE IL CORRETTO E VELOCE SVOLGIMENTO
Perché IN ITALIA UN KM DI STRADA O UN OPERA PUBBLICA COSTA DI PIU’ CHE NEL RESTO D’EUROPA?
Creeremo un’agenzia nazionale centralizzata che controllerà e darà l’ok per tutte le costruzioni di opere pubbliche e lavori pubblici, siano essi statali, regionali o comunali. Sarà costituita da esperti in costruzioni, ingegneri, economisti, e valuteranno i costi di ogni opera, che ogni amministrazione pubblica sarà obbligata a mandargli preventivamente per un controllo. Controlleranno progetti, documenti e soprattutto i costi: dai costi di mercato delle materie prime, prendendo come riferimento il costo standard per opere simili fatte in altri Paesi europei (per es. metro quadro, o per metro o per kilometro, per tonnellata, ecc.) di determinati Paesi simili al nostro reddito e ricchezza (es. Francia, Spagna, Austria, Germania, UK).
Quindi qualunque ente pubblico che voglia costruire un’opera pubblica, una volta che avrà il progetto, i costi ecc, prima di fare il bando e iniziare i lavori, sarà obbligato ad inviare il progetto alla AGENZIA VALUTAZIONE COSTI OPERE PUBBLIHE (AVCOP) che farà le proprie valutazioni. Se l’opera risulta costare meno della media, va bene se costa più o meno uguale (scarti di poche percentuali che saranno stabilite per legge dai tecnici), va bene, se invece risulta più cara di quello che dovrebbe, l’agenzia BOCCIA il progetto e lo rimanda all’ente pubblico dicendogli quale sarebbe il range di prezzi considerati normali e la obbliga e rimandargli progetto, calcoli e costi per una seconda valutazione e così via finché il costo non diviene normale entro i parametri standard. Stessa cosa poi per le variazioni di progetto e varianti, saranno possibili solo determinate varianti ai progetti, solo per determinate circostanze e dovranno sempre e comunque avere prima il benestare preventivo dell’agenzia AVCOP.
Gli statali e gli amministratori pubblici e le ditte che eseguono i avori, che non seguiranno queste procedure, o spendono comunque cifre diverse da quanto denunciate all’Agenzia e confermate dall’Agenzia (approvate), riceveranno sanzioni amministrative (multe e decurtazioni di stipendi ed indennità), e penali economiche.
Allo stesso modo, come già spiegato nei capitoli precedenti, non bisogna più valutare le opere pubbliche solo in base al costo, perché altrimenti si rischia di avere opere scadenti, pericolose e che aumentano i costi a dismisura durante l’esecuzione dei lavori per via delle variazioni di progetto che vengono fatte durante i lavori. Serve poter valutare le opere in modo diverso e non solo sul COSTO PIU’ BASSO.
E’ SBAGLIATO GIOCARE AL RIBASSO
Fare vincere l’azienda più economica ci fa rimettere sia a lei che alla comunità e il rischio poi ricade sulla qualità stessa dell’opera.
Come si legge da un articolo dal giornale Europeo Euronews: A Genova si inaugura il nuovo ponte San Giorgio alla presenza delle più alte cariche dello Stato e delle istituzioni locali. Un viadotto da 202 milioni di euro, costruito in 15 mesi, nei “costi giusti e nel modo giusto”, ha detto il sindaco e commissario per la
ricostruzione, Marco Bucci. Un tempo record, se è vero che per opere che superano i 100 milioni di euro si può aspettare anche 14 anni in Italia. Dieci, nello scenario più roseo, di cui 7-8 anni trascorrono nell’attesa di decidere chi fa i lavori, mentre per costruirlo ce ne vogliono un altro paio.
Fonte: Lillo Montalto Monella – 03/08/2020 – Euronews – https://it.euronews.com/2020/08/03/genova-viadotto-san-giorgio-quanto-ci-vuole-costruire-un-ponte-cosi-in-europa-italia
L’ingegnere Maurizio Milan, collaboratore di Renzo Piano dal 1983, conferma a Euronews che “questi 15 mesi sono stati spesi bene”. “L’intervento ha mostrato una capacità, una volontà e una determinazione spaventosa. In Europa questi tempi sarebbero stati un po’ più dilatati, ma qui a Genova, nonostante l’affanno, [il viadotto] è stato ricostruito in maniera incomiabile. Chapeau! Un vero miracolo italiano e in questo siamo bravi!”.
Milan ha lavorato su e giù per il mondo con architetti di fama internazionale. Dice che, rispetto all’Italia, “in Europa c’è una fase progettuale più precisa e puntuale, che definisce bene i componenti costruttivi. Una fase rigorosa, in cui si stimano seriamente gli impegni di spesa. Molte opere in Italia non arrivano a compimento, perché si sottostimano gli impegni di spesa reali, si cerca di fare le nozze con i fichi secchi”.
Il problema dei “general contractor” che badano a ottimizzare i costi e non alla qualità
Un esempio concreto. “Se si deve costruire una scuola”, aggiunge l’ingegnere specializzato in strutture, “ci sono comuni che bandiscono a 800-900 euro al metro quadrato, quando per farla bene non si può fare con meno di 2.500 euro. E così succedono situazioni paradossali: cantieri che si fermano, imprese che falliscono…” “Anzi, oggi non si parla più di imprese”, continua Milan. “Ora si chiamano general contractor e come dice il nome fanno contratti. Guardano ai margini operativi, ai costi e ai ricavi, applicando lo stesso metodo della finanza. Alcune di esse hanno solo un tecnico, a fronte magari di 10 persone che lavorano nell’ufficio legale, nell’amministrazione o nella comunicazione”.
“Bisogna tornare a fare impresa”, l’appello dell’ingegnere. “La nostra sicurezza non può essere in mano a questi general contractor… bisogna fare un passo indietro e tornare a rivalutare il grande patrimonio professionale che abbiamo. Siamo un Paese di costruttori, muratori e carpentieri… abbiamo costruito in tutto il mondo, in Australia i friulani hanno fatto Sidney… Ci vogliono anni a formare un bravo capocantiere o capomastro”.
Quanto ci vuole a costruire un ponte così in Europa?
Ormai ovunque in Europa “le gare hanno tempi più o meno simili, perché ormai le procedure sono europee. Tuttavia, altrove i ricorsi sono più rapidi”, sottolinea Milan.
L’ingegnere veneziano, classe ’52, fa l’esempio della Città della Salute a Sesto San Giovanni. “Il progetto è partito nel 2013 e, tra corsi e ricorsi, forse i lavori verranno avviati ora. Sette anni sono tanti, abbiamo un sistema farraginoso e dispersivo“.
Se costruire un ponte fosse una gara dei 100m ad ostacoli, quelli più insormontabili si troverebbero ancor prima di scendere in pista. Tanto tempo viene perso infatti inutilmente. “Con il mio studio abbiamo depositato un progetto un anno fa e la commissione giudicatrice non si è ancora riunita”, puntualizza Milan. Una volta avviati i lavori, non ci vuole molto. Per una “pila” (un pilone di supporto) ci vogliono due mesi. Il viadotto San Giorgio ne ha 18, ma per accelerare i tempi, i mille operai hanno lavorato 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
“Quando si dà il potere a qualcuno, si fanno le cose più velocemente. Magari l’opera costerà un 20-30% in più – se si fanno le cose onestamente – ma ci si metterà poco tempo. Regolarmente invece ci possono volere fino a 5-10 anni. Apparentemente l’opera può costare meno, ma realizzarla in 10 anni ha un costo enorme per la società”, dice a Euronews l’ing. Settimo Martinello, direttore della 4Emme, che gestisce il portale We Bridge – Ispezioniponti.it, specializzato nel monitoraggio di 50mila ponti in tutta Italia.
In teoria, burocrazia vuol dire avere un sistema di controllo che consente di costruire in maniera efficiente ad un giusto prezzo.
Pur avendo perso, le ditte concorrenti invitate da Bucci per la gara per il ponte di Genova, non hanno presentato ricorso – anche a fronte di una procedura straordinaria che poteva dare adito a qualche contestazione, fa notare l’ing. Milan. “Uno slancio etico di grande levatura”.
A CASA PROPRIA OGNUNO DEVE AVERE IL DIRITTO DI FARE CIO’ CHE VUOLE
In Italia se una persona vuole fare dei lavori alla propria abitazione o se vuole costruirla da capo o ristrutturarla, deve seguire una marea di leggi, obblighi e sottostare a quello che decide l’ufficio tecnico comunale (che se gli gira, non ti permette di fare la casa del colore che vuoi o aprirti una finestra dove desideri, e altri limiti e vincoli strampalati).
A parte le norme sulle sicurezza e la normativa nazionale che delinea come dovrebbero essere a “norma” alcune strutture, norme che deve seguire durante la progettazione il proprio geometra/architetto, in modo che tenga conto di determinati parametri, per tutto il resto lo Stato non dovrebbe mettere becco.
In Germania hanno un fascicoletto di poche pagine che contiene le norme da seguire su come poter eseguire i lavori di edilizia privata, in Italia invece abbiamo libri e codici interi, una complessa giungla normativa e burocratica.
Una volta al Governo, noi di Riforma e Progresso istituiremo una commissione apposita per copiare le normative tedesche e quelle degli altri Paesi europei ritenuti più efficienti di noi, per poi cancellare e sostituire con tali nuove norme semplice e ridotte, l’intera attuale normativa italiana vigente materia.
Fatto ciò, TOGLIEREMO L’OBBLIGO DI DOVER AVERE IL PERMESSO EDILIZIO DA PARTE DEL COMUNE. Ogni privato dovrà semplicemente mandare il proprio progetto al comune per presa visione e basta, che potrà valutare se il progetto segue le norme nuove ma non può, come comune, o come ufficio tecnico/urbanistica, mettere alcun vincolo di alcun tipo.
Ovviamente gli unici vincoli che si terranno conto saranno a livello ambientale e di sicurezza (es. non si può costruire in determinate zone, ecc.) ma a livello estetico, stilistico, di forma, di colore, ecc. ognuno può farsi casa come desidera.
Per quanto riguarda gli edifici storici invece, specie se abbandonati o da ristrutturare/restaurare, VERRANNO CAMBIATE LE NORMATIVE, prendendo sputo da quelle inglesi. In Italia se un edificio è considerato storico (anche se magari di storico ha pochissimo ed è ridotto malissimo), è difficile, complicato e super costoso farci dei lavori. Questo costringe molto spesso i privati a lasciare in decadimento l’edificio e non curarsene o lasciarlo abbandonato o abbandonarlo.
Nel Regno Unito invece, per esempio, c’è una normativa edilizia per gli edifici storici molto flessibile, e con controlli molto modesti, in modo che gli edifici “storici” possano tornare rivivere.
Sarà doveroso tutelare gli edifici storici ovviamente, per es. se c’è un affresco del 1300 mica lo si può coprire, o mica si può demolire l’edificio e rifarlo da capo totalmente nuovo. Ci saranno logiche di buon senso, ma al di là di norme ovvie per il mantenimento degli edifici storici, per il resto non si possono dare vincoli assurdi, complessi, e obblighi di restauri particolari per rifare tutto come era nel passato, con costi esorbitanti, ecc.
Questo aiuterà a poter far rivivere ed abitare edifici storici attualmente abbandonati o in decadenza sparsi in giro per l’Italia.
CAMBIARE IL VOLTO DELLE PERIFERIE URBANE
Noi di Riforma e Progresso una volta al Governo del Paese faremo di tutto per cercare fondi Europei, usando i Fondi di Coesione Sociale, oppure anche investimenti di Cassa Depositi e Prestiti per rivitalizzare, ristrutturare, ricostruire e migliorare le zone periferiche delle nostre grandi città.
Vogliamo creare una commissione di esperti architetti, ingegneri, paesaggisti, e trasformare le zone periferiche. Oltre a migliorare il decoro degli edifici e costruire o migliorare edifici di residenza pubblica, vogliamo rendere i luoghi più consoni ad una vita sociale.
Le periferie devono diventare un’oasi di bellezza e di pace residenziale
LIMITI E TUTOR NELLE AUTOSTRADE
Noi di Riforma e Progresso una volta al Governo del Paese aumenteremo il limite di velocità in tutte le autostrade e lo porteremo a 150 Km/h.
In Germania non hanno limiti di velocità, in Italia abbiamo ottime autostrade e gli incidenti sono in costante calo, ci sono autovelox e tutor e molto spesso già adesso, molte auto già procedono comunque a velocità superiori ai 130 Km/h.
Quindi per una questione di logica vogliamo aumentare il limite a 150 Km/h. Poi se per caso dopo un anno si vedessero cambiamenti negativi, lo porteremo a 140 oppure di nuovo a 130.
Al tempo stesso, ridurremo del 70% istantaneamente anche tutte le multe che provengono da autovelox e tutor autostradali, e poi anche per loro inseriremo il metodo del pagamento calibrato a seconda del proprio reddito e a seconda dei gradi di velocità che stavano percorrendo (es. se uno andava a quasi il doppio della velocità consentita pagherà di più rispetto a quello che andava poco oltre la velocità consentita).
Vogliamo poi che vengano aggiunte (così come nelle strade normali) anche nelle autostrade, maggiori cartelli posti a varie distanze precedenti l’autovelox stesso, in modo da indicare per tempo, con ampio anticipo fra quanto sarà l’autovelox.
Ogni autovelox o macchinario che fa le multe, deve avere obbligatoriamente stampato o attaccato sul proprio corpo struttura anche il cartello che segna il limite della velocità a cui quel autovelox fa riferimento.
SEMAFORI CON IL TIMER
Vogliamo che tutti i semafori che verranno installati nuovi o che verranno cambiati rispetto a semafori vecchi, abbiano per forza il TIMER che conta alla rovescia e mostra i secondi che mancano prima che scatti il colore successivo (il rosso, il verde e il giallo). Ovvero devono mostrare quanto dura ogni colore.
Questo permetterà agli automobilisti di vedere se fanno in tempo a passare o quanto margine di tempo hanno in modo da decidere se fermarsi per tempo o procedere.
Tra l’altro, questo eviterà che ci siano comuni che facciamo i furbetti facendo durare poco il giallo o il verde in modo da far più multe alle auto che passano con il rosso.
Questo sistema è già presente in molti Paesi Europei e a volte si trova anche in alcune zone di città italiane.
Vogliamo che questo diventi una obbligatoria nuova prassi.
Questo varrà anche per i semafori pedonali (dovranno anch’essi mostrare un timer con conto alla rovescia).